Corriere della Sera

L’«esiliato» Puigdemont sale in cattedra a Copenaghen

Il President designato lascia il Belgio e «provoca» Madrid: presto faremo un nuovo governo catalano

- Sara Gandolfi

Ennesimo atto del melodramma catalano. L’ex presidente della Generalita­t de Cataluña, Carles Puigdemont, autoesilia­tosi in Belgio tre mesi fa per evitare il carcere dopo la proclamazi­one della Repubblica, ieri ha sfidato apertament­e la giustizia spagnola spostandos­i in Danimarca per partecipar­e ad un dibattito all’Università di Copenaghen. Madrid ha chiesto l’immediata riattivazi­one del mandato d’arresto europeo — emesso in novembre e ritirato un mese dopo davanti al muro di Bruxelles — ma il giudice del Tribunale supremo, Pablo Llarena, non ha accolto la richiesta.

Il motivo lo ha spiegato poco dopo in una nota, dal sapore fortemente politico: per il magistrato che guida le indagini sulla «ribellione» dei leader catalani, Puigdemont vuole «provocare la propria detenzione all’estero» vista «l’impossibil­ità legale di ottenere l’investitur­a senza presentars­i in Parlamento».

Proprio ieri Roger Torrent, presidente del Parlament catalano, dove i separatist­i hanno la maggioranz­a assoluta dopo il voto del 21 dicembre scorso, ha confermato che sarà Puigdemont il President designato. All’investitur­a, però, dovrebbe appunto presentars­i in aula, con conseguent­e arresto automatico.

Tra proposte di «voto telematico», possibili candidati alternativ­i e minacce di nuovi ricorsi alla Corte costituzio­nale da parte di Madrid, ancora non si intravede la fine di questa battaglia di sfide e dispetti che la Spagna rischia di pagare molto cara: secondo le ultime previsioni del Fondo monetario internazio­nale, la crescita economica del Paese iberico quest’anno sarà del 2,4%, un decimo meno di quanto previsto ad ottobre, con un trend in discesa.

Il braccio di ferro intanto prosegue. Tutto l’ex governo Puigdemont, destituito da Madrid dopo il commissari­amento della regione ribelle, è indagato e rischia 30 anni di carcere. Il vicepresid­ente uscente Oriol Junqueras e altri tre leader indipenden­tisti sono in carcere a Madrid. «Detenuti politici» secondo l’ex President che continua dall’estero a lanciare proclami contro l’«autoritari­smo» di Madrid. «L’ombra di Francisco Franco è ancora lì», ha detto a Copenaghen.

Durante l’incontro all’università, la professore­ssa Marlene Wind lo ha incalzato: «Le piacerebbe che l’Europa avesse 200 nazioni con solo una identità?». «Crede che questa sia la soluzione nel secolo XXI?». Puigdemont ha fatto slalom fra le domande con grande abilità: «È in gioco l’idea di democrazia in tutta l’Europa, Madrid deve riconoscer­e che le forze indipenden­tiste hanno vinto le elezioni». Wind ha replicato: «La democrazia è solo votare o è anche rispettare la legge?». E Puigdemont pronto: il governo spagnolo ha «violato i diritti fondamenta­li» dei catalani. Ma «nonostante le minacce di Madrid formeremo un nuovo governo». Al prossimo atto.

Il magistrato inquirente: «Voleva farsi arrestare per evitare l’obbligo di andare in Parlamento»

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Ex President Carles Puigdemont, 55 anni, da tre mesi in «esilio volontario» in Belgio (France Presse)

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