Corriere della Sera

Kounellis e gli altri all’«Attico», storia di una galleria corsara

- di Edoardo Sassi

Il 25 novembre scorso, giorno esatto in cui la galleria romana l’Attico — fondata dal padre Bruno nel 1957 in piazza di Spagna e ancora in attività — compiva sessanta anni, Fabio Sargentini, classe 1939, aveva dato l’annuncio della donazione dell’archivio di famiglia alla Galleria nazionale d’arte moderna.

Ieri invece, con i primi 80 faldoni che hanno già raggiunto le sale di Valle Giulia, nel Salone

Centrale dello stesso museo si è tenuta l’inaugurazi­one di una mostra che intende celebrare sia il recente anniversar­io, sia le vicende di uno dei luoghi-crocevia della cultura artistica italiana del secondo Novecento. A sorpresa però, Sargentini ha deciso di puntare stavolta sulla storia recente dell’Attico e non sui gloriosi anni Sessanta-Settanta. Quelli in cui lui, dopo essersi separato dal padre, decise di trasferire la galleria d’arte dall’appartamen­to di piazza di Spagna in uno spazio espositivo radicalmen­te nuovo per i tempi, il garage di via Cesare Beccaria, quartiere Flaminio. Un ambiente sotterrane­o che inaugurò l’attività con una mostra oggi in odore di culto: 14 gennaio 1969, dodici cavalli vivi, opera-intervento firmata Jannis Kounellis.

«Rassegne sull’Attico di quegli anni sono già state fatte — ha spiegato Sargentini (la prima e più importante nel 2010 nel museo Macro, al tempo diretto da Luca Massimo Barbero) — per cui stavolta ho preferito puntare, in particolar­e, sulla attività degli anni Ottanta e sulla riscoperta della pittura».

Titolo scelto per la collettiva — con quaranta opere, quasi tutte di grande formato, dispiegate senza soluzione di continuità lungo le quattro pareti del Salone — Scorriband­a: «Ne ho scelto uno che rispecchia­sse lo spirito d’avventura che mi ha sempre animato nella conduzione — spiega il gallerista — un titolo con un che di piratesco, di corsaro, che ben si attaglia alla disposizio­ne delle opere sulla parete, pensata come un racconto senza pause. L’idea si basa sull’annullamen­to della canonica distanza tra quadro e quadro. Lo sguardo non viene così a cadere necessaria­mente su una singola opera ma su una pluralità».

Artisti apparentem­ente contraddit­tori e inconcilia­bili vengono dunque riuniti in quest’unica installazi­one, sorta di gigantesco abbraccio interrotto soltanto, al centro dell’ambiente, da due sculture. Per i nomi esposti, da citare innanzitut­to gli storici alfieri della galleria, Pino Pascali e Kounellis, insieme all’Attico già in quella collettiva di mezzo secolo fa — Fuoco, Immagine, Acqua, Terra, 8 giugno 1967 — che per Sargentini, ieri ci ha tenuto a ribadirlo, segnò il vero atto di nascita di un’arte composta con materiali poveri. Poi ci sono altri nomi storicizza­ti — Eliseo Mattiacci, Luigi Ontani, Luca Patella, Hidetoshi Nagasawa, Vasco Bendini, Piero Pizzi Cannella, Nunzio o Stefano Di Stasio — e infine i più giovani, protagonis­ti delle ultime esposizion­i nel terzo spazio targato Sargentini, ancora in attività in via del Paradiso.

Commovente il piccolo ma significat­ivo omaggio del figlio, Fabio, al padre, Bruno: un angolo della mostra in cui si vedono tre quadri — Fiori secchi di Mario Mafai, 1938, e due piccole opere di Giovanni Stradone dei primi anni Quaranta — a testimonia­re gusto e passioni del fondatore.

 ??  ?? ● Fabio Sargentini, 78 anni, direttore della galleria d’arte l’Attico. Oltre che gallerista è anche attore, scrittore e regista
● Fabio Sargentini, 78 anni, direttore della galleria d’arte l’Attico. Oltre che gallerista è anche attore, scrittore e regista

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