Corriere della Sera

«Il politicall­y correct di oggi boccerebbe i miei successi»

Rod Stewart: vorrei essere ricordato come un uomo perbene

- Andrea Laffranchi

«L e cose sono cambiate rispetto agli anni Settanta. Non so se oggi potrei intitolare un disco “Blondes Have More Fun” (le bionde si divertono di più

ndr) o fare canzoni come “Tonight’s the Night” (venne censurata dalla Bbc, parlava della notte di passione fra un uomo e una ragazzina ndr). Erano sopra le righe, ma ora siamo arrivati agli eccessi del politicall­y correct». Quella di Rod Stewart è stata una carriera — e forse anche una vita — di eccessi: donne, cocaina e alcol senza freni come ha raccontato nella sua autobiogra­fia. La rockstar, 73 anni, si racconta con la sua voce graffiata a pochi giorni dalla partenza di «Live in Concert», tour che lo porterà il 13 gennaio al Forum di Milano.

Vorrebbe essere ricordato come latin lover o come rocker?

«Come una brava persona. Vorrei che la mia eredità fosse quella, non mi interessa il resto». Un bilancio della carriera?

«È stata una cavalcata magnifica. Ci sono stati alti e bassi, ma sono più che soddisfatt­o. Insomma, sono felice di aver scelto la musica e non il calcio».

Da ragazzo aveva fatto anche un provino per una squadra di profession­isti. Non andò bene, la passione per la musica vinse ma ha continuato a praticare a livello dilettanti­stico. Gioca ancora?

«Non più per un problema al ginocchio. Mi manca il calcio giocato, ma rimarrà sempre una parte fondamenta­le della mia vita e continuo a tifare per il Celtic Glasgow». Accennava agli alti e bassi. I ricordi positivi?

«Il successo di “Maggie May” agli esordi che diede una bella svolta. E il concerto a Copacabana del 1994: 3 milioni e mezzo di persone».

Il momento da cancellare?

«Il cancro alla gola. Per fortuna è passato».

La malattia, il successo, l’età: ha mai pensato di andare in pensione?

«Mai. Quando ho iniziato a 17 anni pensavo che se fosse durata qualche mese sarebbe stato un sogno. Da anni mi esibisco davanti a migliaia di persone ogni sera e mi pagano pure. Mi piace più adesso che agli inizi. È il lavoro, se vogliamo chiamarlo lavoro, più bello del mondo».

Perché?

«Agli inizi era una lotta. Viaggiavam­o in cinque su un furgone e ci mettevamo ore per andare da Manchester a Londra. Adesso raccolgo i frutti. Mi sposto con un jet privato e me la godo (ride)».

Lei ha iniziato ai tempi del vinile. Nel mondo digitale e smateriali­zzato quel vecchio supporto è tornato di moda...

«I tempi cambiano, non possiamo pensare di essere sempre nell’era dell’album, negli anni Sessanta. Siamo di fronte a un ritorno del vinile, ma da un punto di vista di gestione della carriera bisogna pensare agli album digitali».

E nella vita, anche lì e digitale?

«Amo la tecnologia, tranne quella degli smartphone. I telefonini stanno uccidendo le normali conversazi­oni. Ormai mi capita sempre più spesso di vedere coppie e famiglie al ristorante con gli occhi fissi sullo schermo. Lo dico anche ai miei figli».

Quanti anni hanno?

«Siete pronti? Ho 8 figli: la maggiore ha 54 anni, il più piccolo 6. A quelli più grandi non posso dire nulla, devo solo sperare di essere stato una figura che gli ha dato gli strumenti giusti per affrontare la vita. Quelli di 12 e 6 anni hanno un iPad e ci sono delle regole su quanto lo possano utilizzare. Da padre sono preoccupat­o, bisogna stare attenti a quello che possono incontrare su internet».

Sugli smartphone Amo la tecnologia ma non quella dei telefonini che stanno uccidendo le normali conversazi­oni

 ??  ?? Platinato Rod Stewart, nato a Londra il 10 gennaio 1945, durante un concerto dello scorso anno. In carriera, fra Jeff Beck Group, Faces e da solista, ha venduto 200 milioni dischi
Platinato Rod Stewart, nato a Londra il 10 gennaio 1945, durante un concerto dello scorso anno. In carriera, fra Jeff Beck Group, Faces e da solista, ha venduto 200 milioni dischi

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