Banche, i partiti tra oboli e divieti
Dopo le (strane) richieste dei partiti a rischio l’intesa finale
Ognuno ha una propria ricetta. Alcune anche stravaganti. E sono finite nelle relazioni presentate dai vari gruppi al termine dell’inchiesta sulla gestione delle banche popolari.
Ci sono i 5 Stelle che vogliono l’obbligo per consiglieri e manager di versare il 30 per cento dei propri compensi ogni anno e c’è Forza Italia che suggerisce di separare le banche commerciali da quelle di affari. C’è il Partito democratico che — nonostante le polemiche sugli incontri del ministro Maria Elena Boschi su Banca Etruria abbiano coinvolto il partito — già chiede una nuova commissione per la prossima legislatura. Sono numerose le «stravaganze» contenute nelle relazioni presentate dai vari gruppi al termine dell’inchiesta sulla gestione delle Popolari. E per questo c’è chi ritiene che soltanto facendo un miracolo il presidente Pier Ferdinando Casini potrebbe riuscire a far convergere tutti su un testo unitario.
Più probabile è che nel documento finale vengano inseriti i pochi punti comuni — in particolare Procura nazionale e collaborazione obbligatoria tra Consob e Bankitalia — lasciando poi che ogni partito depositi la propria relazione.
Le «porte girevoli»
Difficile da realizzare appare la proposta dei 5 Stelle che «per evitare il fenomeno delle cosiddette “porte girevoli” e scongiurare ipotesi di conflitto di interessi tra autorità di vigilanza e vigilati» sollecitano una norma per «vietare l’assunzione di incarichi o di ogni altro genere di rapporto di impiego o collaborazione presso i soggetti vigilati per almeno 6 anni dalla cessazione del rapporto di impiego presso l’autorità di vigilanza». E ancor più utopistica sembra «l’istituzione presso ogni singola autorità di vigilanza di un fondo ad hoc a cui gli esponenti degli organi di amministrazione e controllo dei soggetti vigilati dovranno versare annualmente almeno il 30 per cento dei propri compensi a titolo di garanzia per eventuali azioni di responsabilità». Soprattutto se si pensa che quelle somme potrebbero essere ritirate «soltanto dopo 5 anni dalla cessazione del mandato».
Banche separate
Non si comprende che tipo di pressione potrebbe esercitare l’Italia e soprattutto nei confronti di chi per far istituire un’agenzia di rating europea che Forza Italia ritiene indispensabile «anche per assicurare una difesa permanente ed effettiva della moneta unica». Ma non si capisce neanche perché si sia deciso di proporre la separazione tra le banche commerciali e speculative consapevoli che «una simile proposta di regolamento è al vaglio della commissione Ue che risulta non interessata ad approvarla».
Riforma «nazionale»
Impossibile da inserire nell’accordo viene ritenuta anche la proposta grillina di «portare sotto l’effettivo controllo dello Stato» non solo Bankitalia — di cui finora si è sempre difesa l’autonomia — ma anche la Borsa italiana. Motivo: «Il capitale, oggi in mano agli inglesi, deve essere interamente pubblico perché nella sua funzione si individua l’identità della sovranità statale».