«Cerco il serbatoio delle staminali tumorali»
Maria Elena Boggio Merlo ha deciso da bambina che avrebbe dedicato la sua vita alla ricerca. Ha imparato ben presto, infatti, che cosa significa dover lottare contro una malattia per cui non esistono cure efficaci: sua madre soffre di una forma di sclerosi multipla, per fortuna non troppo invalidante. La frustrazione provata quando la vedeva star male senza poterla aiutare si è trasformata nell’impegno di una ricercatrice in prima linea per studiare i meccanismi alla base dei tumori e contribuire così a trovare nuovi farmaci: oggi Boggio Merlo lavora all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e grazie a una fellowship triennale di Airc studia un oncogene che è mutato in circa il 30 per cento dei pazienti con leucemia mieloide acuta, per capire come influenzi lo sviluppo e la progressione della malattia. «Questo oncogene favorisce la proliferazione delle cellule neoplastiche ma aumenta anche il numero delle cellule staminali non proliferanti nel midollo osseo: l’ipotesi è che ciò porti a un “serbatoio” di cellule staminali tumorali, che per definizione sono resistenti alla chemioterapia e che, quindi, poi possono provocare ricadute e metastasi — spiega Boggio Merlo —. Stiamo studiando quello che accade nella fase pre-leucemica in un modello animale, ovvero topolini in cui la leucemia può essere indotta per seguire precisamente quel che succede anche prima della fase conclamata di malattia, come ovviamente non sarebbe possibile fare nell’uomo: vogliamo capire come si originano le staminali tumorali alterate dalla mutazione, come “vincono” sulle altre per dare il tumore. Riuscirci potrebbe consentirci di trovare farmaci capaci di interferire con i meccanismi che mantengono il serbatoio di staminali tumorali: in combinazione alla chemioterapia potrebbero aiutare a ridurre il rischio di recidive».
Studiamo la fase preleucemica. Dalla mamma ho imparato che vuol dire lottare senza avere cure efficaci