«È sicuro, la Brexit non danneggerà gli italiani»
L’ambasciatore Terracciano lascia Londra per Mosca: «La Russia sia un partner»
«Porto con me la soddisfazione di aver fatto dell’ambasciata la vetrina dell’Italia. E di essere riuscito a farci prendere sul serio: perché non è ovvio che prendano sul serio te e il tuo Paese». L’ambasciatore Pasquale Terracciano fra qualche giorno lascia la Gran Bretagna dopo oltre quattro anni e mezzo e va a prendere la guida della sede di Mosca: un avvicendamento importante per la nostra diplomazia.
La preoccupazione principale degli italiani qui a Londra è la garanzia dei loro diritti dopo la Brexit.
«Mi sento di dire che ora possiamo dare garanzie. Per chi è già qui nulla cambierà: c’è un accordo definito che costituisce una piena garanzia. Anche chi aveva idea di arrivare adesso, fino al 29 marzo del 2019 può venire senza rischi. Diverso è il caso per chi verrà dopo: lì dipenderà dagli accordi futuri. Noi comunque ci siamo spesi col governo britannico mandando messaggi molto fermi: gli ho detto che i diritti degli europei erano sacrosanti e il loro riconoscimento dovuto, per cui trovavo offensiva e irricevibile la definizione di «offerta generosa»: non c’è nulla di generoso, soltanto doveroso. E hanno corretto il tiro».
L’ambasciata ha svolto anche un ruolo di diplomazia economica.
«Ci sono investimenti in Italia che sono nati qui, come quello di Westfield a Milano o quello di un imprenditore indiano a Firenze per un resort alle pendici di Fiesole. L’obiettivo era attirare investimenti e trasmettere un messaggio il più positivo possibile, dimostrandosi credibili. Siamo diventati un interlocutore fisso del mondo finanziario e della City e abbiamo facilitato l’accesso al mercato dei capitali delle piccole e medie imprese italiane».
Veniamo alle spine. Il caso Regeni…
«Si è messo sul binario giusto per quanto riguarda il versante britannico. Il ritardo non è dovuto alle autorità di Londra né a Cambridge ma alla singola docente, la tutor di Regeni, che ha avuto un atteggiamento ondivago e contraddittorio. Adesso Cambridge ha collaborato con la rogatoria italiana, ha fatto avere il pc e il database della docente: è una cosa abbastanza invasiva come intervento...».
Un altro punto dolente riguarda la gestione delle attività consolari, di cui molti nostri connazionali si lamentano.
«C’è stata un’esplosione delle richieste consolari che ha portato a un intasamento dei servizi. Per farvi fronte dovremmo triplicare il personale. Allora abbiamo proposto a Roma di ricorrere a un parziale outsourcing, grazie a un’agenzia esterna, lasciando solo il controllo finale al consolato».
Qual è in definitiva la posizione italiana sulla Brexit?
«La nostra è una linea costruttiva, non punitiva, per rafforzare l’ala del governo britannico che propende per l’allineamento con la Ue. Perdere il Regno Unito è un danno, conviene limitarlo: noi abbiamo un attivo di 12 miliardi, abbiamo interesse a mantenere un rapporto stretto e fluido. La Brexit ha anche portato maggiore importanza nel rapporto bilaterale, tanto è vero che è stato deciso di fare vertici regolari a due. Anche a livello militare c’è la volontà di intensificare i rapporti: nell’ultimo piano militare britannico veniamo citati per la prima volta nel gruppo di testa con cui avere stretti rapporti, assieme a Usa, Francia e Germania».
Con che intenti va a Mosca?
«L’ambizione è coltivare il rapporto e migliorarlo. Non dobbiamo rassegnarci al fatto che la Russia sia un avversario, deve essere un partner per gli europei. Il confronto non può essere la nuova normalità».
Garanzie «Anche chi aveva l’idea di venire qui, fino al 29 marzo del 2019 può farlo senza rischi» Occorre rafforzare l’ala del governo britannico che vuole allinearsi con la Ue. L’Italia ha un attivo commerciale di 12 miliardi, c’è l’interesse a mantenere un rapporto stretto con Londra