Corriere della Sera

L’OSTERIA DA LUCA METAFORA DELL’ITALIA

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Caro Aldo, ciò che è successo a Venezia con il conto folle ai tre giapponesi è l’ennesima ripetizion­e del vizio italiano di essere furbi. Il mio cuore di italiano normale si fa piccolo e il mio senso di vergogna immenso. Mauro Sabellico

Non si può rubare i soldi alla gente, a farne le spese sono sempre i turisti stranieri, bersaglio dei truffatori veneziani ormai famosi in tutto il mondo. Andrea Meggiato

Per fortuna a Venezia non è così ovunque. Esistono posti dove mangiare bene spendendo come a Mestre o poco più. Vero è che molti esercizi di basso livello spremono i turisti. Stefano Battaglini

Non c’è dubbio che sia vergognoso portare un conto da 1.143 per quattro bistecche ma, diciamoci la verità, queste cose sono sempre accadute. Bisogna fare in modo che non accadano, e punire i responsabi­li. Però la vera lezione della storia dell’osteria da Luca è un’altra. L’ha colta bene sul

Corriere Andrea Pasqualett­o. Il locale è di proprietà di un anziano professore di Venezia, docente di sanscrito in pensione, Franco Rendich, 86 anni, il quale si gode all’Harry’s Bar il meritato riposo e l’affitto di 12 mila euro. Il proprietar­io neppure conosce l’affittuari­o, il cinese Zeng Chegyi: i soldi, pari allo stipendio annuale di un assistente universita­rio, arrivano regolarmen­te. Il professore, senza danneggiar­e nessuno per carità, fa quello che facevano i patrizi veneziani nel Settecento: anziché produrre la ricchezza, la estraevano dalla loro città, godendo le rendite di patrimoni accumulati nei secoli. A sua volta però il cinese subaffitta il locale per 20 mila euro: lui stesso, dinamico per non dire furbo, estrae la ricchezza dal lavoro di Kazi Babar, l’egiziano che gestisce l’osteria, probabilme­nte con altri extracomun­itari pagati poco per lavorare molto. I prezzi truffaldin­i sono un reato; ma sono anche la conseguenz­a di un meccanismo perverso. Venezia genera incanto, meraviglia, e anche lavoro e affari. Quando mancano senso del rischio, disponibil­ità al sacrificio, gusto del lavoro ben fatto, allora arrivano gli imprendito­ri — e i prenditori — stranieri; talora con una spregiudic­atezza che nuoce al nostro Paese.

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