Corriere della Sera

Inflazione, i dubbi degli economisti sul target del 2%

L’apertura di Lagarde a nuovi criteri

- di Giuliana Ferraino 16febbraio

E se il target dell’inflazione, vicino ma sotto il 2%, non fosse più adeguato a un mondo stravolto dalla rivoluzion­e digitale? «Le nuove tecnologie e l’intelligen­za artificial­e hanno drasticame­nte ridotto i costi delle transazion­i. Siamo sicuri che il 2% usato come target dalle maggiori banche centrali del mondo sia ancora quello che era 20 anni fa? Non credo», sostiene Zhu Min, uno degli economisti cinesi più ascoltati, ex vice direttore generale del Fondo monetario internazio­nale (Fmi), ora presidente del National Institute of Financial Research della Tsinghua University di Pechino. «Dobbiamo capire che cosa significa oggi inflazione e decidere se è il momento di cambiare».

Il rompicapo è chiaro: perché la crescita è robusta ma i prezzi restano bassi a dispetto dei trilioni immessi dalle banche centrali nell’economia? E in un simile scenario ha senso cambiare i parametri?

La questione è «interessan­te», dice Christine Lagarde, direttore generale del Fmi, sostenendo che «per alcuni Paesi il target dovrebbe essere più alto». I banchieri centrali sono di altro avviso. «L’inflazione non è una cosa del passato», sostiene Cecilia Skingsley, vice governatri­ce della banca centrale di Svezia. «La crescita lenta dei salari è un’eredità della crisi finanziari­a. Avere un target per la stabilità dei prezzi è rassicuran­te per tutti in un mondo volatile». Secondo il governator­e della Bank of Japan, Haruhiko Kuroda, «un target del 2% è ancora significat­o, rilevante e utile. Bisogna puntare a ottenere una qualche inflazione positiva, per far funzionare la politica monetaria e avere spazio di manovra. Quasi tutte le banche centrali del mondo hanno un target del 2%, ormai uno standard». Perciò, «meglio tenerselo». E continuare a stimolare l’economia giapponese.

Gli investitor­i sono pragmatici. Dimentichi­amoci la curva di Phillips, che correla in modo inversamen­te proporzion­ale il tasso di inflazione e quello di disoccupaz­ione, afferma Ray Dalio, fondatore, presidente e co-chief investment officer dell’hedge

La direttrice Fmi: per alcuni Paesi il target di aumento dei prezzi dovrebbe essere più alto del 2%. Kuroda (Bank of Japan): è ormai uno standard, teniamolo La tesi cinese L’esperto Zhu Min: le nuove tecnologie hanno ridotto i costi delle transazion­i

fund Bridgewate­r. «La tecnologia sta cambiando totalmente la relazione tra crescita e inflazione. L’enfasi sul ciclo è troppo grande». E tra il rischio di un’inflazione che sale a sorpresa al 2,5% e quello di una nuova crisi, dichiara di preferire senza dubbio il primo.

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L’intervento Christine Lagarde, direttrice del Fmi
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