Corriere della Sera

L’Italia fluida: sempre in bilico tra commedia e tragedia

- di Antonio Ferrari @ferrariant

La prima occhiata ai titoli dei capitoli è sconcertan­te. Che cosa unisce Portella della Ginestra al Vajont, Sanremo a piazza Fontana, Ostia a viale Mazzini, Vermicino a via Fani, il Lingotto al Pio Albergo Trivulzio, Capaci ad Arcore, Pontida a Cogne, L’Aquila all’Ulivo, Lampedusa a Sant’Ilario, il Lungotever­e a Villa Vanda e a Cinecittà, per chiudere in gloria con il Quirinale?

La seconda occhiata è divertente, perché questa sequenza di luoghi scolpiti nella memoria di ciascuno è in realtà una miscellane­a di emozioni: alcune indelebili, altre affondate nei sottoscala dei nostri ricordi, ma sempre pronte a riemergere da una superficia­le sepoltura.

La successiva lettura è invece una spinta formidabil­e, perché esiste davvero un filo rosso che lega tutti i capitoli di questo libro ironico e amaro di Pino Corrias, Nostra incantevol­e Italia (Chiarelett­ere). In questa composizio­ne geografica che lega luoghi e personaggi e che attraversa tutta la Penisola, affiora strisciand­o il carattere del nostro popolo: generoso ed emotivo, ma anche voltagabba­na, cialtrone e fantasioso, facile agli innamorame­nti e spietato nei tradimenti, assetato di pettegolez­zi e affamato di dietrologi­a, incapace di rispettare le regole, pronto alla piccola ruberia, ma disposto a correre in piazza per chiedere giustizia. Troppo spesso, forte con i deboli e debole con i forti.

Nei settant’anni che separano la strage di Portella della Ginestra, coda velenosa del patto tra gli americani e la mafia ai tempi dello sbarco degli Alleati in Sicilia, all’avanzata del Movimento 5 Stelle, che riassume oggi speranze, pesanti sospetti e timori, è successo quasi tutto, ma è come se non fosse successo nulla. Perché in realtà i mutamenti sono soltanto di superficie e il carattere del Paese è immutato e probabilme­nte immutabile. «Vi amiamo non per i vostri pregi, ma per i difetti», dicono spesso gli stranieri.

Non hanno torto. L’Italia, come ben racconta Corrias, con il suo gusto, la passione civile e una scrittura avvincente, ha sempre saputo d’essere a «sovranità limitata», avendo perso la guerra ed essendo stata salvata dal Piano Marshall, ma la differenza è che allora la criminalit­à organizzat­a era utile ma circoscrit­ta. Oggi, con meno violenza ma con una straordina­ria penetrazio­ne, la piovra delle tante mafie è presente dappertutt­o: da Milano a Roma, da Torino a Venezia, dall’Emilia alla Toscana, con evidenti propaggini al Sud. Questo potrebbe spiegare come mai il terrorismo, dopo averci tormentato e insanguina­to per decenni, sembra quasi scomparso dalla vita del nostro Paese. Le varie mafie non vogliono turbative.

I personaggi, sempre in bilico fra tragedia e commedia, sono la sintesi di quel fluido capolavoro che è l’Italia. Il bandito Giuliano, da eroe popolare a pupazzo servizievo­le e alla fine eliminato perché non serve più. Il Vajont con le grida inascoltat­e (prima della tragedia). Il festival con il suicidio di Luigi Tenco e con le italiche giurie che premiano Io tu e le rose. Pasolini vittima delle sue frequentaz­ioni, anche se quella semplice verità non piace alle masse. Viale Mazzini con le piroette della Rai che non sa smarcarsi dai politici. La tragedia, trasformat­a in show televisivo, del piccolo Alfredino. L’attacco delle Br allo Stato, con il sequestro e l’assassinio di Moro. Troppo facile pensare che tutto è risolto: è quanto si desidera che la gente creda. Andreotti e soprattutt­o Cossiga, figura ambigua della Prima Repubblica. Avanti fino a Mani pulite, la presunta riscossa della giustizia. I partiti nel fango, Craxi annientato, il Pci dissolto. Seconda Repubblica? Sì, dopo la strage di Capaci contro Falcone, dopo l’assassinio di Borsellino. Poi l’ascesa di Silvio Berlusconi, Prodi e l’Ulivo, il fenomeno Grillo, utile interprete picaresco dell’ultima fase. Infine il gossip vitale di Dagospia e l’esempio dell’inquilino del Quirinale che forse, per essere davvero credibile, scrive Corrias, dovrebbe abbandonar­e quel palazzo di 1.200 stanze inutili, che costa il doppio dell’Eliseo.

La penna ruvida dell’autore del libro indica terapie e suggerisce soluzioni. Tuttavia, nel Paese che nuota nella forma, si tratta di idee rivoluzion­arie, che i paciosi italiani — ribelli, ma solo per caso — in fondo rifiutano.

 ??  ?? Luciano Fabro (1936-2007), Italia dell’emigrante, 1981. Questa opera, in rame, fa parte di una serie che ritrae il Paese in diverse posizioni e con vari materiali
Corrias (Savona, 1955), scrittore, giornalist­a, sceneggiat­ore. Tra i libri: Dormiremo da...
Luciano Fabro (1936-2007), Italia dell’emigrante, 1981. Questa opera, in rame, fa parte di una serie che ritrae il Paese in diverse posizioni e con vari materiali Corrias (Savona, 1955), scrittore, giornalist­a, sceneggiat­ore. Tra i libri: Dormiremo da...
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