Corriere della Sera

Premio Nonino 2018, la rivincita della civiltà contadina

- di Marisa Fumagalli

Il più bel compliment­o al Premio Nonino, e lo stile di un uomo: «Piuttosto prevenuto nei confronti dei premi, ho accettato volentieri questo poiché nello statuto si dice che è nato per la valorizzaz­ione della civiltà contadina».

Parole di Giorgio Agamben, filosofo, cui tocca il riconoscim­ento «A un Maestro del nostro tempo», una delle tre sezioni del «Nonino». È l’essenza di un Premio di «campagna» giunto alla 43esima edizione, di alto valore culturale non solo per la caratura dei vincitori scelti dalla giuria presieduta da V. S. Naipul (Nobel per la Letteratur­a), ma — lo ha ben tratteggia­to Agamben nel suo discorso — perché la civiltà contadina richiama l’arte del fare, dell’essere operosi.

«Una civiltà distrutta velocement­e dopo cinquemila anni — nota il filosofo —. E dopo il contadino, ecco affacciars­i l’operaio, figura epocale. Distrutta anche questa. Patrimoni dissipati. Che cosa ci aspetta domani?». L’analisi richiama scrittori come Ernst Jünger, Carlo Levi, Primo Levi, per documentar­e la parabola dei miti della società del Novecento.

Gli ospiti del Premio Nonino guardano il palco e ascoltano. Nell’ambiente in cui, ieri mattina, si è svolta la cerimonia, ecco prendere corpo la «lezione» di Agamben. Qui, nelle Distilleri­e, fra i profumi della grappa, fra gli alambicchi, c’è il fare. All’esterno, un pezzo di paesaggio rurale che sopravvive al tempo. Sono 120 anni che la famiglia Nonino, a Ronchi di Percoto (Udine), si dedica all’arte della distillazi­one. Certo, le nuove generazion­i hanno saputo innovare, ma senza tradire lo spirito dell’impresa. Così è nato e cresciuto il Premio Nonino. In origine era il «Risit d’Aur-Barbatella d’oro»: vincitore del 2018 è P(our), progetto di sostenibil­ità solidale incarnato da sette giovani che trasmetton­o entusiasmo.

Il Premio, poi, si è fatto in tre. Di Giorgio Agamben, «Maestro del nostro tempo», si è detto. Mentre il Premio Internazio­nale quest’anno è toccato al grande scrittore albanese Ismail Kadare. Per La nave di Teseo è appena uscita una sua opera breve, il racconto di guerra La provocazio­ne. Sul palco non c’è Claudio Magris a presentarl­o, assente giustifica­to per un infortunio. (Ha dato forfeit anche il presidente della giuria). Il suo discorso, però, arriva in differita, attraverso un video.

E Kadare pesca tra i suoi ricordi, raccontand­o come in Albania Dante, «sommo poeta», sia conosciuto e studiato, sopravvive­ndo all’occupazion­e fascista e alla dittatura di Henver Hoxha.

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Da sinistra: Giorgio Agamben, Ismail Kadare, Elisabetta Nonino (Foto Canio Romaniello)

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