Corriere della Sera

Quando litigò con Gheddafi in un campo di pallavolo

- di Mario Luzzatto Fegiz

Volitivo e decisionis­ta. Ma con uno humor tipicament­e ebraico. La famiglia di David Zard gestiva una grande tipografia a Tripoli. Furono costretti alla fuga nel 1967 in concomitan­za con la Guerra dei sei giorni, con la possibilit­à di portare con sé otto chili di bagagli. Zard partì due giorni prima che si scatenasse la violenza contro gli ebrei. Ma Zard conosceva bene chi lo aveva cacciato. Lo aveva incontrato durante le partite della squadra di pallavolo ebraica, il Maccabi, contro la squadra araba capitanata dal giovane Gheddafi non ancora al potere. Che spesso, provocava verbalment­e gli avversari in campo urlando frasi antisemite come «Maledetti ebrei, vi uccideremo tutti». Ironico David Zard rispondeva: «Intanto cercate di vincere la partita». La squadra di Gheddafi veniva infatti regolarmen­te battuta da quella della comunità ebraica di Tripoli. Quando Gheddafi venne in Italia invitò i tripolini a rientrare. Zard chiese all’ambasciato­re libico se poteva candidarsi a premier. Rispose: «Non esagerare, sempre ebreo sei». Uomo di polso e coraggioso. Memorabili le sue sfuriate all’amico e collega Bill Graham, manager degli Stones (anche lui ebreo) e coi contestato­ri che avevano lanciato pietre a Lou Reed. Fra i suoi tanti meriti l’aver cercato di esportare la musica della PFM all’estero.

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Nel 1969 Muhammar Gheddafi (1942-2011)

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