Ai fedelissimi del leader 160 posti sicuri su 200 I casi Realacci e De Vincenti
La minoranza lo ha soprannominato «Epurator», Matteo Renzi, però, la pensa in tutt’altro modo: «Avrei voluto rinnovare ancora di più, ma va bene così, è stato un ottimo lavoro». Che ha portato a un ridimensionamento non solo dell’opposizione interna, ma anche, seppure in maniera ben meno incisiva, delle componenti della maggioranza, come è avvenuto per le correnti di Franceschini e Martina.
E pure Gentiloni ha dovuto sacrificare Ermete Realacci, amico di una vita. La minoranza lamenta anche una «mattanza» degli ex ds. Renzi comunque con i collaboratori respinge così le critiche che gli vengono rivolte: «Non voglio persone fedeli, ma leali». Fatto sta che nel gruppo parlamentare della prossima legislatura il segretario ha una maggioranza schiacciante. Su 200 seggi considerati sicuri ne ha 160. E i fedelissimi della prima ora sono tutti in posizione più che blindata.
Su alcuni nomi è stato proprio il segretario a porre il veto. È accaduto, per esempio, per Antonio Di Pietro, che il Pd molisano voleva in Parlamento: «Finché sarò segretario io non se ne parla». Nella nottata della direzione Gentiloni aveva cercato di convincere Renzi a essere un po’ più inclusivo: «Tieni Damiano e Manconi, uno ti aiuterà con la sinistra, l’altro con i radicali per le battaglie sui diritti civili». Il primo si è salvato, il secondo no. Il segretario è convinto che sarà l’ex condirettore di Repubblica Tommaso Cerno a occuparsi del campo dei diritti civili. Scompare la piccola pattuglia degli amici di Napolitano: Amendola, Manciulli, Morando, Quartapelle. Non è ricandidato il ministro De Vincenti, ma Renzi vorrebbe recuperarlo. Lui comunque è in corsa per l’Authority dell’Energia. Sacrifici pure per Delrio: il sottosegretario Rughetti non è in lista. Non ci sarà neanche Giusi Nicolini, l’ex sindaca di Lampedusa. Niente candidatura, sempre in Sicilia, per l’ex governatore Crocetta, che urla all’epurazione. Candidato, ma in posizione precaria, l’ex operaio della Tyssen, Boccuzzi. Ed è in un collegio a rischio Beppe Fioroni. Lo stesso dicasi per Dario Ginefra, neo papà di una bambina avuta dalla moglie, la deputata di Forza Italia Laura Ravetto. Ripescata all’ultimo una piangente Debora Serracchiani.
Qualche parlamentare invece è stato inserito d’arbitrio. Per esempio Roberto Giachetti in un buon collegio in Toscana, a Sesto Fiorentino. Lui preferiva correre nel suo quartiere a Monteverde, molto più a rischio. Ma quel posto era stato promesso a Riccardo Magi ed Emma Bonino l’altro ieri ha minacciato di rompere l’alleanza se fosse andato Giachetti.
Il governo sarà in campo. Boschi ha avuto proprio ieri il «via libera» della Svp in Alto Adige. E poi molte nuove entrate in Parlamento: Lisa Noja, Lucia Annibali, la giornalista Francesca Barra (però in un collegio difficilissimo), Giuliano Da Empoli, Tommaso Nannicini, Paolo Siani, l’ex segretaria dei pensionati della Cgil Carla Cantone, il portavoce del premier Filippo Sensi. A Napoli verrà candidato il «maestro di strada» Marco Rossi Doria e a Trieste, senza paracadute, si cimenterà Riccardo Illy. Toccherà invece a Teresa Bellanova impegnarsi nella sfida con D’Alema nel collegio del Salento. Un duello particolare anche per Renzi contro cui, a Firenze, Giorgia Meloni ha schierato la leader dei risparmiatori truffati, Letizia Giorgianni.
Gli alleati del Pd sono stati sparsi un po’ in tutta Italia. Benedetto Della Vedova correrà a Prato, Riccardo Nencini ad Arezzo, Beatrice Lorenzin a Modena. A Roma invece Emma Bonino, nella sua Milano Bruno Tabacci, mentre è stato confermato a Bologna Pier Ferdinando Casini.
Le parole del premier Gentiloni prova a convincere Renzi su Damiano e Manconi Ma il secondo non c’è