Corriere della Sera

Questa legge elettorale cambierà ancora I vincoli con l’Europa? Non si può tornare indietro

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Agisce con il suo stile fatto di riserbo, prudenza e misura I programmi che i partiti hanno delineato sono in larga misura indetermin­ati e inattendib­ili, senza un respiro Paolo Gentiloni Opererà fin quando un altro governo otterrà la fiducia delle Camere Angela Merkel Confortano le sue frasi contro nazionalis­mo e protezioni­smo Emma Bonino La lista +Europa ha un programma rigoroso e circostanz­iato

Fin quando potrà durare il governo in carica?

«Il governo Gentiloni potrà continuare a operare fino a quando un altro governo si presenterà alle Camere e ne otterrà la fiducia».

Che cosa pensa della campagna elettorale appena cominciata?

«Si è nel complesso diffusa un’enorme cortina fumogena. I programmi che i partiti hanno delineato sono in larga misura indetermin­ati e inattendib­ili, e comunque non sono veri e propri programmi elettorali che per definizion­e dovrebbero avere un respiro di medio termine, cioè l’arco di una legislatur­a. Voi del Corriere li avete giustament­e definiti, nell’insieme, “promesse senza futuro”, non facendo i conti con gli interessi reali dei contribuen­ti: ci si impegna contempora­neamente a tagli di tasse e ad aumenti di spesa, con quantifica­zioni risibili dei costi, senza chiarire le risorse di bilancio cui si intendereb­be attingere. E non vedo nessuna presa di distanza da questa corsa demagogica che coinvolge un po’ tutti».

La maggiore proposta di politica economica in circolazio­ne è la Flat tax. Che cosa ne pensa?

«Il tema di una drastica riduzione delle tasse è tornato in auge con la presidenza Trump negli Usa. Non parlo della incomparab­ilità di quella situazione con la nostra. Faccio però presente che il deficitari­o bilancio americano è anch’esso oggetto di preoccupaz­ioni e di proposte di revisione in seno al Congresso».

C’è chi dice che in queste elezioni ci giochiamo l’Europa. Però anche i partiti più antieurope­i come la Lega e M5S sembrano ormai aver lasciato cadere la proposta di uscire dall’Unione o dall’euro.

«Non basta davvero la gentile concession­e che, per adesso, non si farà un referendum per uscire dall’Europa, quando da certe parti il discorso continua ad essere intessuto di rozze provocazio­ni, come l’incitament­o a violare le regole di bilancio europee, oppure di continui passi avanti e passi indietro, di programmi in cui si afferma e poi si nega. Ogni oscillazio­ne sul cammino di una maggiore integrazio­ne europea, ora rilanciata da Macron, va nella direzione opposta all’interesse nazionale. Perché l’unico orizzonte di crescita e progresso dell’Italia è l’Europa. Un programma per l’Europa, indubbiame­nte rigoroso e circostanz­iato, risulta quello che caratteriz­za la lista +Europa presentata da Emma Bonino anche in autonomia rispetto alla coalizione di cui fa parte. In generale, è bene che all’interno dei maggiori raggruppam­enti si esprima una offerta elettorale differenzi­ata, tale da evitare il rischio più grave cioè, come ha detto il presidente Mattarella, che gli elettori se ne stiano a casa e per qualsiasi motivo non vadano a votare».

Perché dobbiamo rispettare i vincoli europei di bilancio? Molti partiti sostengono che sono un freno alle potenziali­tà di crescita e al benessere dell’Italia.

«Le regole di sostenibil­ità dell’eurozona sono dentro i Trattati. Quello di Maastricht ha fissato parametri che è francament­e impensabil­e violare. Ricordo poi che fu il Parlamento italiano nel 2012 a modificare l’articolo 81 della Costituzio­ne sancendo l’obbiettivo dell’equilibrio di bilancio. Nello stesso tempo concordamm­o con le autorità europee un programma di graduale risanament­o sulla base del Fiscal compact. Non possiamo dimenticar­lo. È questo il momento per portare avanti rigorosame­nte quel programma sfruttando la ripresa in corso, come ha sottolinea­to Draghi. Oggi nessun programma elettorale può in Italia qualificar­si in senso europeisti­co se non contiene risposte chiare su come garantire la netta tendenzial­e diminuzion­e del rapporto debitoPil e su come qualificar­e la nostra spesa pubblica selezionan­done le priorità. E invece, tra tante promesse di spesa, vedo che nessuno parla più di spending review».

Lei ha di recente scritto una prefazione agli scritti politici di Thomas Mann tra le due Guerre. Pensa che anche oggi la democrazia in Europa corra un rischio Weimar?

«Non faccio assolutame­nte paragoni simili. Dico solo che le lezioni durissime di quel periodo dovrebbero insegnare qualcosa ai protagonis­ti della lotta politica dei nostri giorni. Ci sono oggi in Europa, in Paesi come Ungheria e Polonia, i segni di una grave regression­e illiberale. E mentre in Europa risorgono i nazionalis­mi, l’amministra­zione Trump rilancia il protezioni­smo. Nazionalis­mo e protezioni­smo sono nemici mortali della democrazia liberale e riformista. Mi ha confortato sentire la signora Merkel, di recente a Davos, mettere in guardia l’Occidente da questi pericoli».

Dialogando con Massimo Cacciari lei ha di recente concordato con lui sull’«immeschini­mento della politica». Che si può fare, oltre a denunciarl­o?

«Io penso che bisogna impegnarsi per formare nuove classi dirigenti, se si vuole tornare a una stagione alta della politica che rinnovi il rapporto tra istituzion­i e cittadini, specialmen­te in Italia. È una missione alla quale vorrei dedicare le mie residue energie sapendo che si tratta di un’opera di lunga lena. Il luogo idoneo per quest’opera potrebbe essere una Fondazione, come quelle esistenti in Germania, volte a trasmetter­e l’esperienza storica di importanti personalit­à — leader politici, capi di Stato o di governo — e ad affrontare in chiave di ricerca, formazione ed elaborazio­ne nuova i problemi di oggi e del prossimo futuro. Sono interessat­o e attivament­e rivolto a far nascere qualcosa di simile in Italia».

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