I 45 licenziati e le regole sui furbetti del cartellino
Un sistema a maglie strette che ha «pizzicato» una cinquantina di dipendenti della pubblica amministrazione. In base all’aggiornamento sugli effetti del decreto Madia, introdotto nell’estate del 2016, sono 45 i cosiddetti furbetti del cartellino già licenziati. Veri specialisti nell’utilizzo disinvolto dei badge che attestano la presenza in ufficio, salvo poi assentarsi dal posto di lavoro. L’elenco dei licenziamenti è destinato ad allungarsi alla luce di alcuni procedimenti in corso, intanto però la casistica fornisce uno spaccato di alcune abitudini e furbizie tipicamente italiche. Sullo sfondo resta il ritratto di dipendenti infedeli e sprovvisti, lavorando per la pubblica amministrazione, di un minimo di coscienza civica. Come, per esempio, il funzionario di un ufficio dell’Agenzia regionale attività irrigue della Puglia che durante l’orario di lavoro andava a fare la spesa con l’auto di servizio, pubblicando, tra l’altro, il tutto su Facebook. Più a nord all’Ufficio dogane di Arezzo l’introduzione del decreto è costata il posto di lavoro a otto dipendenti che si erano organizzati in gruppo per falsificare le presenze «coprendosi» gli uni con gli altri. Un altro caso riguarda l’intervento diretto di un dirigente dell’azienda sanitaria di Piacenza che ha seguito un dipendente «furbetto» fino alla piscina di nuoto, dove praticava sport in pieno orario di ufficio. Il giro di vite avrebbe, insomma, innescato una diversa dinamica all’interno della pubblica amministrazione, poiché il dipendente beccato in flagrante a fare il furbo con il badge può essere sospeso dal servizio in 48 ore e licenziato entro un mese.