L’ipertrofia prostatica si può ritardare
Cominciare prima degli «anta» con esercizio fisico e controllo di pressione, glicemia e colesterolo può ridurre e rimandare i tipici disturbi legati all’età
La prostata ingrossata? Una questione «da anziani»: prima dei 65-70 anni non c’è da preoccuparsi. È una granitica convinzione della maggioranza degli uomini, peccato sia un errore grossolano: i sintomi di ipertrofia prostatica benigna possono iniziare a dar fastidio parecchio prima in una quota non irrisoria di maschi, stando ai dati raccolti dalla Società Italiana di Urologia (Siu) in occasione della campagna di visite gratuite «Controllati» della scorsa estate.
Dall’analisi di oltre 2.400 schede raccolte in 60 centri è emerso che, sotto i 50 anni, un uomo su 10 ha già un’ipertrofia prostatica benigna e fra i 50 e i 60 anni la prevalenza cresce al 35 per cento: è vero che dopo i 70-80 il problema riguarda fino all’80 per cento dei maschi, ma non si può certo dire che prima sia una rarità. Come spiega l’autore della ricerca Fabio Parazzini, del Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’università di Milano – Irccs Policlinico: «Colpisce la frequenza dei sintomi urinari negli uomini con meno di 40 anni: 1 su 3 ne ha già. Prima dei 30 si tratta soprattutto di bruciore urinario (che può essere anche un segno di “semplici” infezioni, ndr), ma nel decennio successivo sale man mano la percentuale di chi va in bagno troppo spesso, anche di notte, o non riesce a svuotare completamente la propria vescica». Tutti segni tipici, questi, dell’ipertrofia prostatica in cui la ghiandola, forse a causa di variazioni dell’assetto ormonale intervenuti con l’età, si ingrossa e preme sull’uretra, il canale che collega la vescica con l’esterno, impedendo un deflusso normale dell’urina. Da qui le difficoltà in bagno, che nella decade dopo gli «anta» aumentano ancora: il 43 per cento dei 4050enni ha almeno un disturbo urinario e anche se non tutti hanno una vera e propria ipertrofia prostatica, parecchi ci si stanno avviando.
Non è però una condanna, perché l’indagine mette a fuoco anche i fattori di rischio associati allo sviluppo della malattia e si tratta di parametri che con un po’ di buona volontà potremmo tenere sotto controllo: avere la pressione alta, per esempio, aumenta la probabilità di ipertrofia del 50 per cento, soffrire di diabete o fumare più di 10 sigarette al giorno del 57 per cento, colesterolo e trigliceridi alti fino al 37 per cento. La sindrome metabolica, in cui questi elementi sono anche solo di poco oltre la soglia e c’è pure qualche chilo di troppo, raddoppia il rischio.
«La correlazione è molto forte sotto i 50 anni — aggiunge Vincenzo Mirone, consigliere Siu —. Nei più giovani la presenza di più di un fattore di rischio fra quelli individuati è associata a un maggior incremento del pericolo: negli under 50 per esempio la pressione alta aumenta il rischio di ipertrofia non del 50 per cento, ma di ben 2 volte e mezzo. È indispensabile quindi iniziare a pensare alla salute della prostata fin da prima degli «anta»: modificare lo stile di vita da giovani significa tenere sotto controllo pressione, glicemia, lipidi nel sangue e anche la prostata».
Niente ricette strane per il benessere, la prima regola è muoversi di più: una regolare attività fisica, soprattutto se moderata o intensa, riduce del 10 per cento la probabilità di ammalarsi. Di nuovo, negli uomini più giovani tutto è amplificato: i fattori di rischio sono più «pesanti», ma l’effetto protettivo dello sport praticato con costanza è più incisivo, perché riduce fino al 40 per cento il rischio di problemi alla prostata aiutando a mantenerla sana più a lungo.
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