Corriere della Sera

Chi sono i volontari degli esperiment­i Quali sono le tutele e quali i pericoli

- di Silvia Turin

Cavie umane usate in sperimenta­zioni cliniche, volontari pagati che si sottopongo­no a test: sono due fattispeci­e diverse. Esiste una legislazio­ne di riferiment­o in Germania e nel nostro Paese?

«La sperimenta­zione clinica sull’uomo (cioè la fase in cui si testano nuovi farmaci) è regolata da leggi europee che sono le stesse in Italia e Germania — spiega Stefano Vella, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) — e devono tenere conto delle Linee Guida Europee di “Good Clinical Practice”, uno standard internazio­nale di etica e qualità necessario alla conduzione degli studi clinici che interessan­o soggetti umani. La legge dice che è vietato fare sperimenta­zioni su cavie umane con sostanze tossiche o nocive».

Allora che cos’è successo in Germania?

«In quel caso non si può usare il termine “sperimenta­zione”, men che meno “studio clinico”. Si tratta di test come quelli che possono essere commission­ati dalle aziende a enti e università».

Qual è solitament­e l’identikit della cavia umana? Sono tutti volontari?

«Tutte le persone coinvolte in studi clinici sono volontari — specifica Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacolog­iche «Mario Negri» —: nella cosiddetta Fase 1 (quella che viene subito dopo gli studi in vitro e sugli animali) vengono chiamati soggetti sani, perlopiù giovani, studenti universita­ri. L’obiettivo è capire quali siano eventuali effetti collateral­i che l’uso di un nuovo farmaco può provocare e stabilire le giuste dosi. L’efficacia del farmaco, invece, si valuta in un secondo momento (Fasi 23-4) sui malati, anch’essi volontari».

Tutte le cavie umane vengono pagate?

«Non possono essere pagate al di là di quel che viene chiamato un “rimborso spese” che tiene conto delle giornate impiegate e che può variare dai 200 euro in su. Non deve diventare un’attività a scopo di lucro e occorre che sia occasional­e. Per i malati la partecipaz­ione al trial è considerat­a un’opportunit­à terapeutic­a».

Esistono protocolli di sicurezza che tutelano la salute dei volontari?

«Il protocollo che riguarda uno studio clinico di un nuovo farmaco deve essere approvato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e dal Comitato Etico del singolo ente che conduce la sperimenta­zione. I volontari sono sottoposti a esami preliminar­i completi, poi a continui screening e hanno il diritto di ritirarsi quando vogliono. Ci sono dei registri nazionali perché non si corra il rischio di essere chiamati troppe volte in un anno».

Ci sono stati incidenti nella Fase 1?

«In Francia c’è stato un morto nel 2016 perché le dosi non erano equilibrat­e (si inizia con una somministr­azione molto inferiore all’ultima testata su animali). Ma i danni nella Fase 1 sono rarissimi e dovuti a errori o alla fretta».

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