La scienza ha già provato che i fumi sono letali
Èdifficile cercare di capire da un punto di vista scientifico cosa volessero dimostrare i tecnici delle industrie automobilistiche tedesche nel testare l’esposizione ai fumi di scarico dei motori diesel su primati (per quanto è dato sapere scimmie, ma forse anche uomini). Esiste infatti una messe di dati sviluppati in questi anni grazie a seri studi indipendenti sulla loro grave tossicità. Gli ossidi di azoto, ad esempio, possono causare reazioni immediate, in acuto, come irritazioni delle mucose, crisi asmatiche, deficit di funzionalità polmonare e effetti cardio-vascolari gravi (comprese ischemie cardiache), ma possono anche determinare danni a distanza di anni. D’altra parte è stata l’Oms a classificare i fumi dei motori diesel come cancerogeni certi. Nel tempo abbiamo accumulato conoscenze sulla tossicità degli inquinanti abbondantemente sufficienti e che non necessitano di crudeli controprove su animali e tantomeno su uomini. Sappiamo che la loro azione nociva colpisce tutto l’organismo, con ripercussioni negative fino a qualche anno fa ancora sconosciute: ritardi di apprendimento cognitivo, disfunzioni endocrine, sviluppo di disturbi neurologici, e la lista sarebbe ancora molto lunga. È proprio di questi giorni la pubblicazione su una delle più prestigiose riviste del settore, l’European Respiratory
Journal, di uno studio condotto dal nostro gruppo (Unità Operativa Pneumologia Ospedale San Giuseppe a Milano) in collaborazione con il Centro studi di Sanità pubblica delle Università Bicocca e Harvard che lega l’esposizione cronica al biossido di azoto allo sviluppo di una grave e letale malattia polmonare, la fibrosi polmonare idiopatica. Questi risultati sono ottenuti sulla scorta di valutazioni epidemiologiche e approfondimenti effettuati sulla popolazione comunemente esposta (e l’allarme smog lanciato da Legambiente con il report
Mal’aria 2018 dovrebbe far riflettere); esporre essere viventi gratuitamente a alte concentrazioni di fumi di scarico in acuto, oltre a essere un esercizio di pura crudeltà, non ha alcun senso scientifico, sembra che il rigore metodologico della ricerca sia stato piegato a qualche esigenza di marketing.