Corriere della Sera

Il rap di Lamar seduce i Grammy Tramontata l’era delle popstar

Premi della musica: il re è Bruno Mars ma si impone la protesta nera

- Andrea Laffranchi

Non è più l’era di re e regine del pop. Quelli che vincevano tutto e non ce n’era per nessuno. Star riconosciu­te senza distinzion­i di sesso, età o geolocaliz­zazione. Personaggi come Madonna, Michael Jackson o U2 o, in anni più recenti, Lady Gaga, Beyoncé e Adele. Quest’anno i Grammy li ha vinti Bruno Mars. Durante la cerimonia al Madison Square Garden la sua musica è stata premiata sette volte, tre delle quali nelle categorie più importanti: album (24K Magic), canzone (That’s What I Like) e registrazi­one (24K Magic).

Non si discutono i suoi numeri: macina miliardi di views su YouTube, stream su Spotify e soldout ai concerti. Eppure non ha la stessa riconoscib­ilità e la stessa influenza sul costume di chi lo ha preceduto. Non è un problema suo. È tutto il sistema musica che viaggia verso una nuova direzione. E che spinge verso un mercato dove le hit diventano globali, ma la costruzion­e di un artista globale con una carriera che duri nel tempo è più difficile.

Sono cambiate le abitudini di ascolto. Lo streaming premia la canzone e non l’album: si schiaccia play su una playlist che mischia artisti diversi e si perde l’abitudine al disco intero. Sono molti di più i personaggi che possono diventare virali azzeccando una hit di quanti in passato infilavano una sequenza di album che durava nel tempo.

C’è da aggiungere che questa edizione dei Grammy (come capita ormai con gli awards, anche quelli europei, di Mtv) è stata fortemente America-centrica. Se ci fosse stato uno sguardo più globale ci sarebbero stati maggiori riconoscim­enti per Ed Sheeran o Luis Fonsi. Il rosso inglese ha ancora le caratteris­tiche (e i numeri) per essere trasversal­e vecchio stile ma con una freschezza da millennial­s: per lui due statuette minori, la performanc­e vocale pop (Shape of You) e l’album pop (÷). E

Despacito, indiscusso tormentone planetario, si sarebbe meritato qualcosa. Ed ecco le cinque statuette a Kendrick Lamar, indiscusso numero 1 dell’hip hop in un momento però in cui negli altri Paesi il pubblico si rivolge ai rapper locali. Kendrick stacca gli altri per classe e ha riportato l’impegno nel rap. Le sue rime colpiscono la discrimina­zione razziale, il movimento Black Lives Matter lo ha adottato e anche Obama lo ha applaudito. E forse i 5 premi per lui sono anche una risposta alle accuse di razzismo che l’anno scorso erano piovute sui Grammy, colpevoli (come gli Oscar) di aver trascurato gli artisti afroameric­ani.

Sebbene la musica non abbia avuto uno scandalo pari al caso Weinstein nel cinema, la campagna #MeToo è arrivata anche ai Grammy. Lo ha fatto con Janelle Monáe, che ha introdotto la performanc­e di Kesha, popstar che ha denunciato anni di presunte violenze da parte del suo produttore. «Come abbiamo il potere di plasmare la cultura, abbiamo anche quello di smontare una cultura che non ci aiuta», ha detto all’interno di un discorso che chiedeva all’industria parità di retribuzio­ne e politiche di contrasto alla discrimina­zione e alle molestie. Il tema però non ha avuto riflessi sulla gara. Nelle categorie principali una sola donna, Alessia Cara, ha avuto un premio, quello come Emergente. E comunque, su un totale di 86 Grammy solo 17 sono andati al mondo femminile.

Più che misoginia anche questo è riflesso di un’epoca. Arriviamo da anni in cui Adele, Beyoncé, Lady Gaga e altre hanno dominato la scena. Lo scorso aprile, per la prima volta dal 1984, nei primi dieci posti della classifica di Billboard c’erano soltanto uomini o gruppi maschili. E guarda caso sul podio c’erano tre dei vincitori dei Grammy: Ed Sheeran, Bruno Mars e Kendrick Lamar.

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 ??  ?? Mattatore Il rapper Kendrick Lamar sul palco dei Grammy. È nato il 17 giugno 1987 a Compton, nella contea di Los Angeles
Mattatore Il rapper Kendrick Lamar sul palco dei Grammy. È nato il 17 giugno 1987 a Compton, nella contea di Los Angeles

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