Corriere della Sera

Processo-show a Trump (con Hillary)

- di Giuseppe Sarcina

Isedici secondi di Hillary Clinton nella serata dei Grammy probabilme­nte resteranno nella memoria collettiva più delle performanc­e di Elton John o di Sting. La candidata democratic­a, la grande sconfitta delle presidenzi­ali, legge un breve passaggio del best seller del momento, «Fire and Fury» il racconto di Michael Wolff del primo anno di Donald Trump alla Casa Bianca. Il presidente preferisce mangiare i burger di McDonald’s, per paura di essere avvelenato. «Com’è andata?» chiede Hillary divertita al conduttore James Corden. «Bene, il prossimo anno può vincere un Grammy». E’ il culmine di una regia costruita fin nei particolar­i, a cominciare dalle rose bianche distribuit­e al pubblico, in segno di solidariet­à con le vittime di abusi sessuali. A differenza dell’edizione dello scorso anno e anche dei Golden Globe, l’altra sera non abbiamo visto e ascoltato le battute o il discorso di un singolo artista, ma piuttosto la proposta di un manifesto corale, accuratame­nte pianificat­o. Lady Gaga ha introdotto il passaggio di consegne con l’«esternazio­ne» di Oprah Winfrey del 7 gennaio scorso: «Time’s up», il tempo è scaduto per i predatori sessuali. Poi è venuto tutto il resto. La difficoltà «di essere un nero onesto in America», di Dave Chapelle; la performanc­e di Bono e degli U2 davanti alla Statua della Libertà, contro «i bulli e gli arrogant»; gli «speech» dell’attrice e produttric­e Monae Makes a sostegno del movimento «MeToo» e della cubano-americana Camille Cabello a favore dei «dreamers» i figli degli immigrati irregolari. Il messaggio è chiaro. Il mondo dello spettacolo, del cinema e della cultura si propone come potente amplificat­ore della protesta delle donne. E, di conseguenz­a, ha cominciato a istruire un processo, un «impeachmen­t» extra parlamenta­re, contro Trump.

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Il video Hillary Clinton

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