Var, l’ira dei vertici arbitrali per le direttive disattese Cutrone a rischio squalifica
Il giudice sportivo però pare orientato a non punire l’attaccante
L’irritazione silente dei vertici arbitrali verso chi se ne infischia delle direttive, perfino di quelle più fresche. Lotito che dice che senza Var sarebbe primo, Nicchi che sull’uscio della toilette dell’Hilton di Fiumicino prova a convincerlo che no perché «gli errori ci sono e ci saranno sempre ma il sistema funziona». Gasperini che tratteggia retroscena sinistri, «vedo cose strane». Allegri che fa il saggio, «più casotto facciamo e peggio è». Il presidente del Crotone che grida alla «vittoria scippata», opinionisti vari ed eventuali che propongono di levarla qui e adesso «ché si stava meglio prima», infine la procura federale che chiede la prova tv per la bracciata di Cutrone: lunedì niente male dopo il fine settimana maledetto della Var, ma c’era da aspettarselo. Pensare che c’era chi temeva che la tecnologia avrebbe tirato giù la serranda ai bar sport. Macché.
Relativamente al caso non più clamoroso ma senz’altro più mediatico dei tre della 22ª giornata, quello dell’attaccante rossonero autore dell’1-0 irregolare alla Lazio, ora toccherà al giudice sportivo valutare ai fini di un’eventuale squalifica per condotta antisportiva se la prova è ammissibile e successivamente se il tocco è volontario. C’è un precedente, Gilardino 2008 che si beccò due giornate, la sensazione è che il milanista stavolta la possa passare liscia ma si vedrà. Intanto s’è scusato via social con una motivazione un filo azzardata, «in un momento di adrenalina e istinto ho avuto la sensazione di colpire la palla in maniera regolare», ma tant’è. Di certo né un post né una squalifica né un castigo agli arbitri colpevoli risolveranno la fase di crisi acuta di un progetto che fino a qualche settimana fa stava mettendo d’accordo tutti e che invece da tre giornate a questa parte sta prendendo un granchio dietro l’altro.
L’ultima è stata un incubo. Nel quale il citato gol di mano non visto per tempo né da Irrati né dal Var in Milan-Lazio (il presidente degli arbitri Nicchi ha spiegato a Lotito che la regia ha fornito le immagini solo alla fine del primo tempo) è stato il flash più mediatico ma non quello tecnicamente più grave: il punto più basso s’è infatti toccato in Crotone-Cagliari dove Tagliavento — che da gennaio non è più internazionale e che s’avvia alla pensione forse senza grande entusiasmo — ha incomprensibilmente annullato una rete valida ai calabresi dopo aver guardato il replay.
Male male anche in NapoliBologna dove Mazzoleni ha fatto da sé in ben due situazioni chiave del match, prima giudicando involontario un mani per lo meno dubbio in area di Koulibaly e poi fischiando un rigore parecchio generoso a Callejon. Detto che un’opinione interessante per quanto di parte l’ha offerta Di Vaio, club manager del Bologna, «da un po’ sembra che gli arbitri non vogliano più perdere tempo», qui l’unica vera certezza è che giusto due settimane fa il designatore Rizzoli aveva chiesto ai suoi di «andare a rivedere sempre e comunque» i tocchi sospetti in area e di «prendersi tutto il tempo che serve».
Casi diversi e disobbedienze diverse ma tutte allo stesso modo inaccettabili, anche perché in un certo senso momento peggiore non c’era. Dopo il primo mezzo sì dell’Ifab per la Var in Russia, arrivato giusto qualche giorno fa, da qui e fino a giugno gli occhi del mondo sono e saranno tutti su di noi, sugli italiani pionieri della tecnologia. La scombiccherata A come vetrina di lusso, come laboratorio che funziona e che produce risultati: in un momento così, dove nulla nel nostro sistema calcio funziona, manco le elezioni federali, l’orgoglio Var sembrava lo scoglio al quale aggrapparsi, una piccola luce nel buio. Dovessimo farla spegnere, che peccato sarebbe.