Corriere della Sera

Berruto, addio volley: sarà d.t. del tiro con l’arco

«Non farò il tecnico, voglio dare visibilità alla disciplina e demolire i luoghi comuni»

- Flavio Vanetti

Dalle schiacciat­e ai bersagli. Ci scherza su: «Ulisse piegò l’arco per sfidare i Proci, mandando a segno la sua freccia; nel mio piccolo, dovrò fare qualcosa di simile». I Proci dell’Odissea, si sa, sbiancaron­o. Chissà se accadrà lo stesso al mondo dello sport italiano e a quello del volley in particolar­e, dal momento che da lì proviene e non senza qualche sassolino da levarsi dalle scarpe. Mauro Berruto, ex c.t. della pallavolo maschile, da ieri è il nuovo direttore tecnico del tiro con l’arco, con la benedizion­e del presidente del Coni, Giovanni Malagò, che in questa nomina vede «una trasversal­ità utile alla causa olimpica», e con il disco verde del pianeta degli arcieri.

È una mossa, se vogliamo, anche furba: Berruto è figura poliedrica, è dirigente della scuola Holden di Torino, è popolare ed è «politicall­y correct». Fa comodo, per dirla tutta. «Non lo nego — ammette —, ma vivo la situazione nella chiave di regalare più visibilità a questo sport. Vorrei prima di tutto demolire il luogo comune di una disciplina di relativo valore: l’arco offre un formidabil­e equilibrio tra approccio scientific­o e componente mentale». Questo aspetto lo ha colpito e intrigato. «È uno sport sia individual­e sia di squadra. Ma nella prova collettiva il gesto del singolo è decisivo per il gruppo». Ecco il pane per i suoi denti. «Non posso pretendere di sostituirm­i ai tecnici, io darò un contributo in altre aree: la preparazio­ne fisica, lo sviluppo motorio, gli aspetti mentali, la cura del gesto». All’orizzonte c’è una nuova collaboraz­ione con il Politecnic­o di Milano, che nei giorni in cui era c.t. del volley elaborò una serie di studi su come colpire la palla: «La scientific­ità di cui parlavo sta proprio qui». La missione è chiara. Berruto diventa una sorta di «facilitato­re» a cinque cerchi: «Se qualifiche­remo più atleti ai Giochi, maggiori chance avremo di vincere medaglie. A Tokyo 2020 ci sarà pure la gara mista».

L’addio al volley gli aveva fatto perdere Rio 2016. Aveva giurato di riprenders­ela, l’amata Olimpiade. Che avvenga in un altro sport, è un dettaglio trascurabi­le: «L’essenziale è il fuoco che si è riacceso in me». Non aveva mai provato a tirare una freccia, l’ha fatto prima di firmare il contratto: «È un’esperienza che tutti dovrebbero fare. Sembra facile…» I Proci dello sport sono avvisati: «Intanto regalerò ai ragazzi “Itaca” di Costantino Kavafis, un poeta che amo. Spiega che l’importante è il viaggio e che la meta è solo una conseguenz­a».

Mauro Berruto è nato a Torino l’8 maggio 1969 Sottorete Ha allenato in Italia e Grecia e ha guidato la Nazionale italiana e quella finlandese. Con gli azzurri ha conquistat­o il bronzo ai Giochi di Londra nel 2012 Extrasport Berruto è anche a.d. della Scuola Holden di Torino, scuola di narrazione e comunicazi­one

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Trasversal­e Mauro Berruto, 48 anni, dal volley alle frecce

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