Berruto, addio volley: sarà d.t. del tiro con l’arco
«Non farò il tecnico, voglio dare visibilità alla disciplina e demolire i luoghi comuni»
Dalle schiacciate ai bersagli. Ci scherza su: «Ulisse piegò l’arco per sfidare i Proci, mandando a segno la sua freccia; nel mio piccolo, dovrò fare qualcosa di simile». I Proci dell’Odissea, si sa, sbiancarono. Chissà se accadrà lo stesso al mondo dello sport italiano e a quello del volley in particolare, dal momento che da lì proviene e non senza qualche sassolino da levarsi dalle scarpe. Mauro Berruto, ex c.t. della pallavolo maschile, da ieri è il nuovo direttore tecnico del tiro con l’arco, con la benedizione del presidente del Coni, Giovanni Malagò, che in questa nomina vede «una trasversalità utile alla causa olimpica», e con il disco verde del pianeta degli arcieri.
È una mossa, se vogliamo, anche furba: Berruto è figura poliedrica, è dirigente della scuola Holden di Torino, è popolare ed è «politically correct». Fa comodo, per dirla tutta. «Non lo nego — ammette —, ma vivo la situazione nella chiave di regalare più visibilità a questo sport. Vorrei prima di tutto demolire il luogo comune di una disciplina di relativo valore: l’arco offre un formidabile equilibrio tra approccio scientifico e componente mentale». Questo aspetto lo ha colpito e intrigato. «È uno sport sia individuale sia di squadra. Ma nella prova collettiva il gesto del singolo è decisivo per il gruppo». Ecco il pane per i suoi denti. «Non posso pretendere di sostituirmi ai tecnici, io darò un contributo in altre aree: la preparazione fisica, lo sviluppo motorio, gli aspetti mentali, la cura del gesto». All’orizzonte c’è una nuova collaborazione con il Politecnico di Milano, che nei giorni in cui era c.t. del volley elaborò una serie di studi su come colpire la palla: «La scientificità di cui parlavo sta proprio qui». La missione è chiara. Berruto diventa una sorta di «facilitatore» a cinque cerchi: «Se qualificheremo più atleti ai Giochi, maggiori chance avremo di vincere medaglie. A Tokyo 2020 ci sarà pure la gara mista».
L’addio al volley gli aveva fatto perdere Rio 2016. Aveva giurato di riprendersela, l’amata Olimpiade. Che avvenga in un altro sport, è un dettaglio trascurabile: «L’essenziale è il fuoco che si è riacceso in me». Non aveva mai provato a tirare una freccia, l’ha fatto prima di firmare il contratto: «È un’esperienza che tutti dovrebbero fare. Sembra facile…» I Proci dello sport sono avvisati: «Intanto regalerò ai ragazzi “Itaca” di Costantino Kavafis, un poeta che amo. Spiega che l’importante è il viaggio e che la meta è solo una conseguenza».
Mauro Berruto è nato a Torino l’8 maggio 1969 Sottorete Ha allenato in Italia e Grecia e ha guidato la Nazionale italiana e quella finlandese. Con gli azzurri ha conquistato il bronzo ai Giochi di Londra nel 2012 Extrasport Berruto è anche a.d. della Scuola Holden di Torino, scuola di narrazione e comunicazione