Corriere della Sera

Emanuela Loi in tv, il punto di vista della scorta di Borsellino

- di Aldo Grasso

Le immagini dell’attentato di Capaci o della strage di via D’Amelio fanno ormai parte del nostro immaginari­o più cupo, un lento inabissars­i nel terrore, nell’ingiustizi­a e nella morte. Ci consoliamo dicendo che quelle atroci immagini bisogna mostrarle perché solo guardando in faccia l’atrocità riusciamo a combatterl­a. E uno dei compiti dei media, in particolar­e della fiction, è proprio questo: mettere ordine (estetico) al disordine della vita. Perciò è anche importante l’aspetto più personale, quello incentrato sulla figura di Emanuela Loi, primo poliziotto donna, morta in servizio in occasione della bomba che stroncò la missione di Paolo Borsellino. «La scorta di Borsellino. Emanuela Loi», il film-tv scritto da Graziano Diana, Stefano Marcocci e Domenico Tomassetti, per la regia di Stefano Mordini, si concentra proprio sulla storia di Emanuela (interpreta­ta da Greta Scarano), giovane donna che, nonostante il suo sogno fosse quello di diventare insegnante, si ritrova a essere scelta per entrare in Polizia, dopo aver accompagna­to la sorella al concorso (Canale 5, domenica, ore 21,30). Nel giugno del 1992, Emanuela viene definitiva­mente assegnata al servizio scorte e proprio alla scorta più difficile, quella di Paolo Borsellino.

Un mese dopo, in via D’Amelio, dove il giudice si era recato per fare visita alla madre, un’esplosione fa strage di Borsellino, ma anche degli uomini della sua scorta: Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina e lei, Emanuela Loi. È un racconto asciutto (solo nel finale si concede un’inquadratu­ra simbolica su «La tomba dei giganti» in Sardegna), che ruota attorno a un imperativo ormai quasi scomparso, un retaggio arcaico: fare il proprio dovere.

Anche il punto di vista della scorta aveva diritto di entrare nel nostro immaginari­o. Per riscaldarl­o.

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