Corriere della Sera

«I Masnadieri» di Popolizio in un ‘600 dark

- di Gian Mario Benzing

Buio inesorabil­e, nella foresta di alberi neri, avvolta da nebbie sinistre, buio nel palazzo dei Moor, tra i lampi ferrigni dei briganti. L’effetto è giusto e potente: un Seicento dark, simile a un medioevo fantasy, moltiplica le sfumature del nero nei «Masnadieri» di Verdi, in scena fino al 4 febbraio all’Opera di Roma, con le scene di Sergio Tramonti, i costumi di Silvia Aymonino; e la regia, immobile ma rispettosa, di Massimo Popolizio, che qua e là cita il suo maestro Ronconi. Esatta l’idea di mostrare Carlo, il fratello «buono», come separato dal mondo, a parte il mandarlo su e giù da un triste trabattell­o da ossario. Fascinoso il dialogo tra la scena e il flusso delle proiezioni: nubi, occhi, onde sanguigne di mari in tumulto, arcobaleni e cieli azzurri, a dire tormenti e speranze.

Dal podio, Roberto Abbado lavora su «altre» sfumature di nero, esaltando la profondità e la morbidezza degli archi, la fluidità del legato, gli accompagna­menti sempre variati e sfumati, con una visione di tempi ed emozioni molto più ampia del passo corto di quest’opera, mai eccelsa. Abbado calibra bene anche le voci: Stefano Secco (Carlo) ha una sua fragilità, anche nel declamato, che rende più affettuose le mezzevoci, la giovane Roberta Mantegna (Amalia) è a fuoco nell’agilità; mentre si staglia il baritono Artur Rucinski (Francesco), temibile nella violenza come nella blandizia, efficace anche nella recitazion­e, tormentata, «difforme», con quel braccio artificial­e «bloccato», che lo avvicina all’Anakin di «Star Wars» o al Lannister del «Trono di Spade».

 ??  ?? In scena Riccardo Zanellato (con la barba) e Saverio Fiore
In scena Riccardo Zanellato (con la barba) e Saverio Fiore

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy