Corriere della Sera

Santa prof

- di Massimo Gramellini

Come definirest­e l’insegnante della provincia di Caserta capace di perdonare il ragazzo che le ha tagliato la faccia con un coltello, e di mormorare dispiaciut­a «forse con lui abbiamo fallito»? Buonista no, perché il buonista afferma concetti nobili che non tradurrebb­e mai in pratica, mentre la professore­ssa Franca Di Blasio ha trentadue punti di sutura che le brillano sul volto come una prova di coerenza e una medaglia al valore. Esaltata, allora? Forse, ma nel senso di posseduta da una missione. Chi, magari dopo averlo fatto scattare a vuoto troppe volte, si ritrova il cuore impastato di cinismo farà fatica a immaginare l’esistenza di qualcuno che crede ancora nell’utilità salvifica del proprio mestiere, al punto da vivere una coltellata come un falli- mento. Quel ragazzo ha sfregiato la prof perché gli stava mettendo una nota, dopo che lui per due giorni di fila si era rifiutato di farsi interrogar­e, adducendo scuse da talamo coniugale: «Oggi ho mal di testa». Nemmeno adesso riesce a rendersi conto dell’enormità commessa: «Volevo soltanto farle un graffio». Soltanto un graffio voleva farle, povero caro.

C’è una sola persona che può continuare ad amare incondizio­natamente chi le ha fatto del male e manco lo capisce. Una madre. Negli abissi della scuola italiana nuotano tante di queste sante laiche, che consideran­o i nostri figli come figli loro. Non vedendole, ci riduciamo a dubitare che esistano. Fino a quando un episodio di cronaca ne fa venire una a galla.

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