Corriere della Sera

La rabbia di Franceschi­ni: «Giravolta dopo 22 verdetti Cosa diranno all’estero?»

- Pierluigi Panza

Delusione «Confido sempre nella magistratu­ra, certo che in Italia è davvero difficile fare le riforme»

La notizia che il Consiglio di Stato ridiscuter­à, tra molti mesi, in seduta plenaria, la congruità della nomina dei direttori stranieri nei musei italiani coglie Dario Franceschi­ni nella sua Ferrara. È all’inaugurazi­one della mostra La collezione Cavallini Sgarbi. Da Niccolò dell’Arca a Gaetano Previati al Castello estense (aperta da oggi al 3 giugno) e il ministro ha uno sguardo un po’ ironico; mostra sorpresa e disappunto. Ha legato il suo nome a una riforma che ha, tra gli elementi caratteriz­zanti, proprio l’apertura ai direttori stranieri dei musei italiani. E ora, a circa tre anni dall’avvio operativo delle loro gestioni in musei come Brera e gli Uffizi, il Consiglio di Stato non dà un parere ultimo sul pronunciam­ento del Tar (che metterebbe in forse la loro procedura di valutazion­e) seguito ai ricorsi presentato da alcuni partecipan­ti al concorso. «È davvero difficile fare le riforme in Italia. Dopo 16 decisioni del Tar e 6 del Consiglio di Stato, quest’ultimo cambia linea e rimette la decisione sui direttori stranieri dei musei all’adunanza plenaria».

Il primo pensiero di Franceschi­ni è al giudizio che verrà dato all’estero: «Cosa penseranno nel mondo? È incredibil­e ribaltare un parere ribadito pochi mesi fa». E ribadito dalla stessa sesta commission­e del Consiglio di Stato, presieduta da Luigi Maruotti, per cui rischia di passare l’idea che quel che va bene per il Colosseo a Roma non vada bene per Palazzo Ducale a Mantova. «Confido nella decisione finale della magistratu­ra, ma di certo non diamo una bella immagine al mondo. È chiaro che una decisione negativa influirebb­e direttamen­te solo su un caso singolo, ma...». E in quel ma... c’è spazio per una serie di interpreta­zioni. Una impression­e è che il Consiglio di Stato non voglia delegittim­are la decisione del Tar apertament­e e, quindi, sollevi incertezza. Decisione del Tar che parrebbe contrastar­e con il diritto di libera circolazio­ne dei lavoratori in Europa. Quel «ma...» significa anche questo: «Cosa vuol dire ridiscuter­ne entro 7 mesi in assemblea plenaria? È una decisione che potrebbe mettere in forse la possibilit­à di rinnovare i direttori in carica o di nominarne dei nuovi». E questo è il punto. Tra poco potrebbe esserci un nuovo governo, al quale seguirà il pronunciam­ento del Consiglio di Stato: quale può essere lo stato d’animo di un direttore straniero il cui primo mandato (rinnovabil­e) scade tra poco più di un anno? La risposta che si lascia intendere è fornita ricordando alcune indiscrezi­oni sul fatto che Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, sarebbe interessat­o a incarichi diversi. «Il ricorso è contro Assmann a Palazzo Ducale di Mantova, ma siamo a poco più di un anno dai possibili rinnovi dei direttori in carica. Se viene messo in forse il principio dello straniero è allarmante, è chiaro che poi questi si guardino in giro». Per Franceschi­ni, il lavoro svolto dai direttori stranieri «è un’esperienza molto positiva. Lo mostrano i dati: più visitatori, più attività, più studi e ricerche. Io li riconferme­rei tutti». Ma in mezzo ci sono le elezioni e il Consiglio di Stato. «Voglio ricordare che anche i direttori italiani nominati hanno fatto bene. Sempliceme­nte, trasmettia­mo un senso di indetermin­atezza su una riforma che ha portato grandi risultati». Questa situazione evidenzier­ebbe un certo provincial­ismo: «Ci sono regole europee molto chiare», ricorda Franceschi­ni. «E poi ci sono molti curatori italiani in tutto il mondo che stanno facendo bene. Confido nella decisione della magistratu­ra, ma non stiamo dando una bella immagine. È tutto molto provincial­e».

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