«Pamela e quella valigia Aprendola mi disse: cancello il mio passato»
Macerata, il racconto dell’operatrice della comunità Una mannaia insanguinata in casa dell’uomo fermato
Era il 18 ottobre scorso, le 11 di mattina, quando Francesca Fuselli, 28 anni, di Recanati, responsabile dell’accoglienza della comunità terapeutica «Pars», vide aprirsi la porta del suo ufficio. «Quando entrò mi salutò timidamente — racconta l’assistente sociale —. C’erano anche la mamma e la nonna insieme a lei. Pamela aveva uno sguardo dolcissimo, un misto di rabbia e paura…».
Sono trascorsi tre mesi e mezzo da quel giorno e Pamela Mastropietro non c’è più. La sua bellezza è stata distrutta a 18 anni, il suo corpo offeso e per questo ad Ancona c’è ora in carcere un uomo, Innocent Oseghale, pusher nigeriano di 29 anni, accusato di omicidio volontario, occultamento e vilipendio di cadavere.
Nella sua abitazione, in via Spalato, a Macerata, oltre ai vestiti della vittima i carabinieri ieri hanno trovato anche dei coltelli e una mannaia con delle tracce di sangue. Saranno i Ris a dover verificare se è quello della ragazza di Roma. Questa mattina alle 9, davanti al gip di Macerata, Giovanni Manzoni, si terrà l’udienza per la convalida del fermo.
Pamela oggi non c’è più, il suo ricordo però è ben vivo nella mente e nel cuore di Francesca: «Quel 18 ottobre, appena entrata, mi mostrò subito la sua valigia dicendo che era piena di roba, dentro ci aveva messo tantissime cose perché voleva troncare con il passato e iniziare a vivere con noi. All’inizio sembrava spaesata, la nostra comunità è immersa nella campagna: però piano piano si stava ambientando, lavorava sodo nel laboratorio della frutta, preparava le marmellate, apparecchiava la tavola in refettorio, faceva le pulizie. Era molto umile ma anche molto generosa, si spendeva per gli altri, cercava di aiutare qualche altra ragazza in difficoltà come lei. Non meritava di fare questa fine. In fondo, era solo una bambina».
Sembrava essersi ambientata, Pamela, invece lunedì 29 gennaio, all’improvviso, aveva deciso di andarsene, di scappare portandosi dietro il suo trolley pieno di cose.
«Noi abbiamo fatto di tutto per convincerla a restare — ricorda Josè Berdini, il responsabile della comunità di Corridonia —. Una nostra operatrice quando l’ha vista allontanarsi le è andata subito dietro a piedi, le ha proposto di telefonare prima alla mamma e in ultimo, se proprio voleva andarsene, le ha detto che l’avremmo accompagnata noi stessi alla stazione di Macerata a prendere un treno diretto a Roma».
«Ma lei niente — aggiunge Berdini—, ha continuato a camminare e quando la nostra operatrice è tornata indietro a recuperare la macchina, per tentare di farla almeno salire a bordo, Pamela era già sparita. Qualcuno, sulla provinciale, di sicuro le ha dato un passaggio».