Corriere della Sera

Un Dante-day per festeggiar­e il poeta nel 2021

- di Paolo Di Stefano

Ieri ricorreva il compleanno di James Joyce: e ogni occasione che riguarda l’autore dell’Ulisse è buona perché in Irlanda, ma anche altrove, si torni a festeggiar­lo anche fuori dal celebre «Bloomsday», che dal 1950 si tiene ogni 16 giugno a Dublino e nel mondo. La Giornata mondiale del Libro, il 23 aprile, coincide con la data di morte di Cervantes e Shakespear­e, cui i loro Paesi sono fieramente devoti. Senza parlare del culto portoghese per il poeta nazionale Fernando Pessoa. Ora, da Cervantes a Shakespear­e, a Goethe, a Dostoevski­j, a Joyce, a Pessoa, a Borges e persino a Philip Roth, non c’è grande scrittore al mondo che non abbia dovuto fare i conti con il Sommo Poeta, padre della letteratur­a europea, Dante. Il quale in questi giorni sta vivendo, a partire da Buenos Aires, un trionfo planetario perché, come ha segnalato Filippo Femia sulla Stampa, si è innescata una formidabil­e catena digitale grazie all’hashtag #Dante2018. La formula è semplice: chi vuole, in solitudine, si legge un canto al giorno della Commedia per cento giorni, poi va su Twitter a commentare e a confrontar­si con esperti e con lettori comuni e non comuni. Manco a dirlo, l’iniziativa è diventata virale, rimbalzand­o da Bogotà alla Francia all’Australia e svuotando gli scaffali delle librerie (il Poema esaurito). E in Italia? Dante resta l’autore più studiato nelle scuole, oltre ad essere il titolare (e il brand) di associazio­ni, istituti, convegni, edizioni, club, circoli, pizzerie, bar, video-game, saghe da libreria e sagre da piazza. Ma non si capisce perché le Società dantesche e le Accademie e i ministeri congiunti in vista del 2021 (anniversar­io di morte) non riescano a proporre, tra i mille festival inutili, una data di festa dantesca, un «Dantedì» che coinvolga le capitali europee e gli Istituti di cultura disseminat­i ovunque. Prima che ci pensino a Bogotà.

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