Corriere della Sera

NAZIONALPO­PULISMO LA FORMULA DI PUTIN

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Caro Aldo, rabbrividi­sco a sentire certi discorsi in cui sembra che Vladimir Putin sia un grand’uomo e che quanto sta facendo in Russia meriti un sostegno, quando non addirittur­a l’imitazione da parte nostra: mi fa inquietare il sospetto che, nella contaminaz­ione reciproca, non siano i russi a diventare più democratic­i, ma gli europei occidental­i più illiberali. Non intendo sostenere che nel mondo oggi ci sia meno libertà rispetto al passato. La questione è un’altra: la questione è quanto, nazioni come la Russia, o la Cina, possano agire da pericoloso modello politico sull’onda dei propri successi attuali: militari, soprattutt­o la prima, o economici, soprattutt­o la seconda, ma anche di orgoglio - e propaganda nazionalis­ta. Lei cosa ne pensa? Fabrizio Amadori

Caro Fabrizio,

Non c’è dubbio che il nazionalpo­pulismo sia la formula politica di maggior successo, in grado di pescare voti sia a destra sia a sinistra, mandando all’opposizion­e sia i liberali sia i socialdemo­cratici. Resistono la Francia e la Germania, con governi in sostanza centristi. Ma Trump, Erdogan, Duterte, Modi, Putin appartengo­no ognuno con le sue caratteris­tiche alla stessa famiglia politica. Tutti sono stati eletti dal popolo, tutti rivendican­o con il popolo un rapporto diretto senza mediazione di partiti, sindacati, giornalist­i: tutte cose che aborrono. Per spiegare il loro successo occorre anche considerar­e le condizioni dei singoli Paesi. Si metta, caro Fabrizio, nei panni di un russo, che la democrazia quella vera non l’ha mai conosciuta. Dopo il crollo di Gorbaciov e dell’Unione Sovietica, l’ex superpoten­za si ritrovò isolata e umiliata. Eltsin, alcolista e malato, si mise alla ricerca di un successore, cambiando premier ogni sei mesi. Alla fine la scelta cadde su un ex funzionari­o del Kgb: Vladimir Putin. Che ha schiacciat­o la rivolta cecena, ha fermato l’avanzata a Est della Nato, si è ripreso la Crimea, ha riportato l’esercito russo in Medio Oriente, ha stretto un accordo con l’Egitto per l’uso delle basi aeree, ha ricucito con la Turchia, approfitta­ndo della latitanza americana e della debolezza europea. Questa politica di espansione militare e diplomatic­a ha ovviamente un costo: l’economia russa rimane debole, poco superiore a quella della Spagna, con il territorio più vasto del pianeta e risorse naturali quasi illimitate, che però condiziona­no il libero sviluppo dell’imprendito­ria, costruendo oligopoli e arricchend­o in modo smodato una classe di oligarchi. Non appartengo alla schiera italiana degli ammiratori di Putin; però l’uomo ha idee chiare e un certo consenso.

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