Corriere della Sera

Il distributo­re di storie La rivincita del passato

Macchinett­e stampa-racconti alle fermate del bus e in aeroporto: l’esperiment­o francese funziona. È l’analog renaissanc­e

- di Barbara Millucci

Uno, tre o cinque

La storia si differenzi­a per la durata del tempo di lettura: uno, tre o cinque minuti

Gli autori

Gli autori distribuit­i in Francia sono sedici mila, tra debuttanti e classici

L’idea

Il fondatore: ogni giovane scrittore riceverà un compenso per ogni stampata

Èl’analog renaissanc­e. La pellicola vintage che torna di moda, le macchinett­e stampa-racconti ad un euro alla fermata di bus, le polaroid retrò che stampano selfie. Torna la vecchia narrazione analogica, quella dei ricordi e delle emozioni stampate su carta, e i vecchi formati delle fotografie da conservare e incornicia­re. I nostalgici degli analogic device spopolano in Francia, dove i distributo­ri automatici di storie brevi (short story dispenser) funzionano come erogatori di bottigliet­te d’acqua o caffè. Basta premere uno dei tre bottoni della macchinett­a a forma di cilindro ed attendere l’uscita di un foglio di carta a forma di scontrino che, a seconda del formato della storia che si seleziona (1, 3 o 5 minuti di lettura), può arrivare ad un metro di lunghezza. L’idea «è pubblicare racconti o poesie che si leggono in meno di venti minuti», spiega Quentin Pleplé, uno dei fondatori della piattaform­a editoriale francese Short Edition che ha inventato i dispenser che erogano 500mila micro-nouvelle di 16 mila autori, tra debuttanti e classici. «Ogni giovane autore riceve un compenso per ogni storia stampata». Pensati per ingannare l’attesa in stazioni, aeroporti e ospedali, ne sono stati installati 150 in Francia, tra cui l’aeroporto Charles De Gaulle ed una ventina negli Usa, il primo nel Cafe Zoetrope del regista Francis Ford Coppola a San Francisco. «È l’effetto pergamena — afferma l’editore Alberto Castelvecc­hi — toccare qualcosa di carta è veicolo di emozionali­tà. Un compagno di viaggio da tenere stretto tra le mani che provoca la sensazione fisica di quello che si sta leggendo». Anche se in un lasso di tempo breve. Perché come insegna Matsuo Basho (1644 – 1694), uno dei più celebri poeti giapponesi di haiku anche una sola sillaba o una pausa possono contenere grandi verità. Come anche un silenzio che spesso dice più di mille parole. «Un tempo i testi si scrivevano in parole, oggi in minuti. Il tempo è diventato l’unica risorsa che manca» e che scandisce le nostre vite. La velocità schizofren­ica dei bit inizia però a stancare.

È tempo di rewind. Di riavvolger­e il nastro. Per tornare ad annusare, toccare. Ed asseconda- re i nostri tempi interiori. Come quando si sfoglia una pagina. Leggere su carta è sempre meglio che fissare lo schermo di uno smartphone. Lo dicono studi scientific­i ma anche gli indici di gradimento dei consumator­i. Complice anche la diffusione delle fake news. Secondo l’Associazio­ne Italiana Editori, il 2017 è stato l’anno della ripresa per il mercato del libro che si chiude con un +5,8% sull’anno precedente, pari ad oltre 1,4 miliardi di euro. Thuy-vy Nguyen (Rochester University) ha dimostrato che stare lontani da smartphone e device almeno 15 minuti diminuisce lo stress, per Raymond Mar, psicologo della York University in Canada, chi legge fiction sviluppa una maggiore intelligen­za cognitiva ed empatia con il mondo esterno. Mentre il docente di psicologia Dan Johnson ha scoperto che chi legge romanzi legati al mondo arabo musulmano sviluppa un’intrinseca motivazion­e a ridurre i pregiudizi.

La disruption al contrario (dal digitale all’analogico) sta invadendo ogni campo artistico, dalla musica, con il ritorno del vinile e dei 33 giri, alle audiocasse­tte. Fino al cinema che dice addio al dvd. Le vecchie «pizze sembravano un antico ricordo ora ma non è più così – racconta il direttore della fotografia Michele Paradisi – Quentin Tarantino, che non si mai convertito al digitale, docet».

In Italia, lo Spazio Oberdan di Milano organizza ogni venerdì proiezioni in pellicola con vecchi cineproiet­tori e lo schermo che gracchia, come anche il Cinema Arcadia di Melzo o l’Imax di Riccione. Kodak ha invece deciso di rimettere in produzione la storica pellicola Ektachrome ed annunciato la prima criptomone­ta per fotografi su blockchain, in grado di tracciare ogni «spostament­o» digitale della foto. Gli amanti dei rullini Tmax potranno così vendere direttamen­te le immagini e mandare in soffitta le «vecchie» tecniche digitali come il watermarki­ng, la filigrana da sovrapporr­e sulla gif per camuffarla. Tornando a messe a fuoco naturali. Perché usare la pellicola o «leggere un libro non significa — scrive Fabrizio Caramagna — uscire dal mondo, bensì entrare nel mondo attraverso un altro ingresso».

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