Uno spazio dove navigare, come si fa sul web
Il «New Curiosity Shop» di Bulgari a Roma. Il ceo Babin: entri a dare un’occhiata, è un’esperienza
Antichi mappamondi, mappe e canocchiali accanto a borse limited edition, gioielli esclusivi e pezzi di design. Volumi fotografici sulla città eterna convivono con le collezioni della maison Bulgari da sfogliare su schermo touch nascosto in un bancone dall’ (ingannevole) aspetto classico mentre una polvere di stelle raggiunge pareti, soffitti e pavimenti sovrastati da un maestoso chandelier vintage di Venini. È la «stanza delle meraviglie», che si rinnoverà ogni sei mesi, dove attrazioni stravaganti e oggetti di modernariato scelti nei mercatini di mezzo mondo, si mescolano a creazioni uniche o personalizzabili e a opere di artisti come il buffet laccato di Fornasetti o le sculture cartacee di Soresini.
Con l’inaugurazione del «New Curiosity Shop» a fianco della storica gioielleria di via Condotti a Roma, Bulgari ripercorre il suo passato fino al 1905 quando il fondatore Sotirio aprì il suo «Old Curiosity Shop», quasi certamente l’unica bottega dell’epoca a montare un’insegna in lingua inglese. Così come il celebre antenato voleva conquistare la clientela anglosassone della capitale, oggi la maison è a caccia di un pubblico che ancora non conosce il marchio, come molti millennial. Ma agli oggetti con motivi bizantini o bottoni in argento proposti da Sotirio, Bulgari preferisce puntare sull’armonia degli opposti «che generano perfezione — spiega Silvia Schwarzer, interior designer e curatrice del progetto — perché il mondo surreale della creatività si unisce a quello reale dello spazio».
Riduttivo però pensare a un semplice nuovo opening: questo concept futuristico ma intriso di tradizione è un laboratorio per sperimentare nuove modalità di retail. «Quello che abbiamo costruito qui è molto simile a ciò che accade su Internet — racconta Jean Christophe Babin, ceo di Bulgari —, si può entrare, visitare, ma è uno spazio libero non necessariamente gestito da un venditore. Il browsing (brucare, sfogliare, scorrere, dare un’occhiata) normalmente si può fare solo sul web. Noi diamo la possibilità di farlo in un negozio vero: entri liberamente, senza soggezione, ti fai il tuo giro, scegli, chiedi ma lo fai in carne ed ossa. È parte di una catena di esperienze, tutte valide: monomarca, multibrand, web site e questo nuovo approccio». Sperimentazione forse scaturita anche dall’imminente sfida virtuale delle griffe che dopo anni di diffidenza stanno approdando «in
massa» all’e-commerce. Secondo una ricerca della Fondazione Altagamma, nel 2025 lo shopping di lusso in rete raggiungerà quota 74 miliardi, un quinto del totale. «Noi siamo partiti due giorni fa in Inghilterra con un headquarter europeo a Dublino — racconta Babin —. In Italia arriveremo a fine anno. Un tempo i clienti dell’alta gioielleria erano pochi e si conoscevano direttamente. Adesso le tecnologie possono aiutare a ritrovare questo rapporto, ci sarà qualcuno con cui dialogare h24, con messaggi, email fino a facetime o skype. Si torna al rapporto diretto tra esseri umani con un consulente a distanza, ma nemmeno troppa, perché a dividerli, in fondo, c’è solo uno schermo».