Corriere della Sera

L’idea di destinare metà degli utili in beneficenz­a

Gabriele Moratti e la sua Redemption

- Enrica Roddolo

«Moda? All’inizio il progetto che avevo in mente con l’amico d’infanzia Daniele (Sirtori), mio coetaneo, figlio di volontari a San Patrignano, e con Vanni (Laghi), appassiona­to di moto arrivato nella comunità negli ‘80, era legato alle due ruote. Tant’è che Redemption è nata come Redemption Choppers. Poi abbiamo pensato la prima collezione di accessori ispirati ai

bikers. Ma dopo esserci scontrati con la realtà della distribuzi­one, abbiamo provato a misurarci con la moda».

Gabriele Moratti, jeans e tshirt su un fisico atletico, è appena tornato dalle sfilate di Parigi. Sul tavolo, prove di stoffe e fotografie. «Questo è il nostro mood board, c’è la musica, dai Doors ai Led Zeppelin, ci sono gli scatti di Lindbergh, sono cresciuto nella Milano anni ‘90 con i suoi cartelloni per Armani. E c’è Place des Vosges... in una galleria d’arte del Marais, tre anni e mezzo fa, la prima sfilata di Redemption». Perché non Milano? «Perché volevo che il marchio fosse scevro da consideraz­ioni legate al mio cognome (è figlio di Letizia e Gian Marco Moratti ndr)». Nessuna scuola di moda. «Avevo lavorato in JP Morgan come junior analyst di moda e lusso e mi sono laureato in storia dell’arte negli Usa. La mia scuola sono i viaggi per incontrare i tessutai di Como e le ricamatric­i a Modena, ciascuno è depositari­o di un sapere».

Era vestita Redemption la prima sposa «glam» di Milano 2018, Rosa Fanti in Cracco. «L’ idea dell’abito in fil coupè e

creponne di seta era mixare la mia passione per Dior e Saint Laurent, con un’anima rock. Per me il rock è un modo per portare in passerella l’agenda sociale della musica: penso alla musica giovane degli Usa della segregazio­ne razziale e del Vietnam. Così, nella prossima collezione introdurrò note grunge per ricordare che se avessimo dato ascolto a quella generazion­e oggi non avremmo alla Casa Bianca un inquilino da reality tv».

Redemption promette di destinare il 50% dei profitti in beneficenz­a. Quanto fattura, e quali charities? «Nel 2018 contiamo di raggiunger­e i 2,5 milioni, siamo una start-up. Le charities vanno dall’Amfar che lotta contro l’Aids — a San Patrignano ho visto troppe persone morirne — a Laboratori­o solidale, piccolissi­ma ong che in Bolivia aiuta i bimbi di madri incarcerat­e. In tre anni abbiamo devoluto 2 milioni di euro, partendo dalle moto donate ad aste benefiche, e adesso gli abiti. Tutto è nato da qui: Daniele ed io eravamo di ritorno da Roccaraso dopo una missione dopo il terremoto a L’Aquila. Iniziammo a chiederci il perché dell’enorme separazion­e del mondo del business da quello delle ong. Perché in Italia non si poteva immaginare qualcosa come la Bill & Melinda Gates Foundation, l’impresa del bene gestita con la stessa efficienza degli affari? Abbiamo deciso di provarci con un piccolo progetto, così è nata Redemption».

L’esempio «Perché in Italia non si immagina qualcosa come la Bill & Melinda Gates Foundation?»

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Passerella In alto, la collezione Redemption per la prossima estate. Qui sopra Gabriele Moratti, 39 anni, secondogen­ito di Letizia e Gian Marco Moratti
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