Terrecotte, maschere e tanti colori L’alcova di Frida è il suo autoritratto
Kahlo celebrata a Milano: ecco la dimora messicana del legame con Diego Rivera
In Calle Londres 247 c’è la fila già al mattino presto. Il vento solleva petali di jacaranda sottili come seta, le donne offrono pettini in legno colorati proprio davanti all’ingresso di Casa Azul, quella che fu la dimora in pietra vulcanica di toda la vida per Frida Kahlo, l’iconica pittrice messicana celebrata dal Mudec di Milano con una bella e interessante retrospettiva aperta sino al 3 giugno (www.mudec.it/ita/frida).
Il legame tra la figlia del fotografo ungherese, obbligato per contratto a dare testimonianza iconografica delle malefatte dell’allora dittatore Porfirio Diaz, e la casa dalla facciata azzurra e gli infissi verdi fu intensissimo, viscerale. Questa abitazione fatta erigere da Guillermo Kahlo nel barrio di Coyoacán — l’architettura delle case dalle facciate aragosta è rimasta quella in stile coloniale che aveva quando fu scelto come quartiere generale da Hernan Cortes, il condottiero che sottomise gli aztechi —, tre anni prima della nascita della figlia, adesso è un museo aperto al pubblico dal martedì alla domenica. Però entrando si ha subito l’impressione che quella forte intimità/identità tra la sua proprietaria e Casa Azul anche dopo un secolo dalla nascita di Frida e mezzo dalla morte di Diego Rivera, l’angelo e il diavolo dell’arte latino americana, sia ancora viva.
Se, infatti, la sorta di pinacoteca al pianterreno consente di ammirare alcune delle opere più significative quali «Viva la Vida», «Frida y la Cesarea», «Retrato de mi padre Wilhelm Kahlo», è nelle stanze successive che il solitario rifugio, alcova d’amore, luogo di cura e convalescenza, nonché atelier creativo — Casa Azul ebbe molte metamorfosi abitative — rivela la sua forte impronta artistica e sentimentale. La cucina sfoggia tonalità gialle e blu a partire dal tavolo e dalle sedie intrecciate di paglia sino al lungo forno in pietra ricoperto di maioliche, mentre alle pareti sono appesi numerosi vasi in terracotta che rispecchiano la predilezione mostrata sempre da Frida per l’arte messicana popolare, in particolare quella rurale e dell’epoca preispanica. La coppia, soprattutto Rivera, amava la cucina ruspante e invitava ospiti illustri, da André Breton a Tina Modotti, sino a Leon Trotsky, che fu amante di Kahlo durante il periodo, a lui fatale, trascorso a Città del Messico. Il politologo russo soggiornò in quella che è stata sempre la stanza privata di Diego: ci sono ancora la poltrona a dondolo, il fucile, i cappelli a falda larga e la tuta in jeans che il celeberrimo autore di murales a sfondo politico utilizzò durante tutta la sua esistenza. Il due volte marito, sempre fedifrago, di Frida progettò il camino in marmo della sala da pranzo in cui si trovano tuttora la collezione di piatti e ceramiche antiche messicane, vasi con decorazioni floreali, grottesche maschere e fantocci del carnevale inneggianti ironicamente alla morte.
Casa Azul incarna comunque la celebrazione della vita. Anche se resa quasi immobile dalla poliomielite prima e dall’incidente occorsole mentre viaggiava su un autobus pochi anni dopo (le innumerevoli fratture la costrinsero nel tempo a subire ben 32 operazioni chirurgiche), Frida, praticamente paralizzata, mantenne sempre un atteggiamento positivo, grazie anche all’amore per l’arte. Lo si comprende benissimo contemplando le meraviglie al piano superiore: la seggiola a rotelle con tanto di cavalletto regolabile tramite l’apposita manovella (dono di Nelson Rockfeller), le tempere e i
Un inno alla vita Casa Azul rispecchia lo spirito positivo dell’artista malgrado i suoi problemi di salute
pennelli, il grammofono per ascoltare la musica durante le ore in cui dipingeva, i tanti giocattoli in legno, la collezione di farfalle regalate dallo scultore giapponese Isamu Noguchi rivelano l’allegria e ironia che permea le stanze, piene di ex voto, altra grande ossessione di quella compulsiva accumulatrice di oggetti che fu la padrona di casa.
Commovente è la camera in cui dormiva: sopra il letto a baldacchino c’è lo specchio usato per gli autoritratti, sul materasso è deposta la maschera funeraria. Anche il giardino, acquistato successivamente dalla coppia per sottrarre Trotsky dalla vista dei suoi attentatori, rappresenta un’opera d’arte e al tempo stesso un’installazione botanica: enormi conchiglie spuntano da vasche in basalto, statuine fanno capolino tra gigantesche foglie di ninfea. L’azzurro, predominante sia negli esterni che negli interni di questa abitazione ruotante intorno a un patio centrale, fu scelto da Diego «affinché fosse luogo in cui dimora il cielo». Per Frida, invece, Casa Azul simboleggiò la rinascita fisica, psicologica e artistica: «Non dimenticherò mai che sono arrivata qui in frantumi e tu mi hai restituita intera, intera».