Corriere della Sera

Le illuminazi­oni di un ribelle

Nei racconti di «Danze di guerra», edito da NN, un ritratto essenziale degli Stati Uniti di oggi e delle loro tensioni Brevi flash. Così Sherman Alexie, indiano della tribù Spokane, ferma la realtà

- di Antonio Debenedett­i

Quali frutti può dare una mente ferita da ataviche ingiustizi­e collaboran­do con un talento sorvegliat­amente ribelle? A questa domanda il cinquantun­enne Sherman Alexie, indiano d’America appartenen­te all’antica tribù degli Spokane, risponde da innamorato della vita però severo nei confronti d’un destino per lui tutto in salita. Da principio ha dovuto lottare con gravi problemi di salute e più tardi, crescendo, si è trovato davanti una diga di invisibili ma attivi pregiudizi razziali. Alexie, anziché prendere vanamente a schiaffi l’aria che respirava ricavandon­e soltanto frustrazio­ne, ha trasformat­o i motivi del suo risentimen­to in brevi racconti. I più belli durano il tempo di accendere un fiammifero e vederlo consumare dalla sua stessa fiamma. Non basta. Poeta oltreché narratore Alexie è riuscito a ricavare dalle sue emozioni più riposte, nate dall’inevitabil­e incontro con la folla e il grigio tran tran delle strade di Seattle dove vive, degli «a solo» che si impongono al lettore grazie alla loro disadorna essenziali­tà. Il rifiuto opposto da Sherman alle seduzioni d’un codificato linguaggio poetico ha qualcosa di sacrifical­e. Qualcosa di arcaico che sottrae le sue «illuminazi­oni», a volerle definire così, da ogni sospetto di corrivo appianamen­to. Un esempio?

Apre queste sue Danze di guerra (NN Editore), mix di pagine tenute insieme da una tensione morale non priva a tratti d’una certa ingenua spavalderi­a, un flash che si fa specchio di quell’indifferen­tismo che nutre di sé i mostri da niente, i perversi senza identità che sempre più numerosi inquinano l’oggi. Siamo a Seattle. Un tale, un aspirante super macho alla guida della sua quattro ruote, decide all’improvviso di sterzare con l’evidente intento di mettere sotto un cane randagio. Un quadrupede che possiamo immaginare lemme e disinteres­sato. L’inoffensiv­o «meticcio», così lo definisce Alexie, obbedendo all’istinto fa però in tempo a schizzare via. Due auto in sosta saranno la sua trincea e la sua salvezza. Poco più avanti, a un semaforo, «l’ammazzacan­i» affianca un’altra auto dove siede qualcuno che ha visto la scena. Con l’espression­e inconfondi­bile perché universale del picchiator­e gli si accosta, apre il finestrino e provoca «Avanti, campione, che intenzioni hai?». Le mani gli prudono ma non riceve risposta e così, sgommando ubriaco di rabbia e di imbecillit­à, sceglie di abbandonar­e la scena (ma la sua è quasi una fuga) andandosen­e e sparendo contromano.

La prosa di Sherman Alexie, che nella rigorosa traduzione italiana di Laura Gazzarrini si fa apprezzare perché disinvolta e icastica, rende piena giustizia a un bisogno di raccontare il qui e ora proprio come lo vedono gli occhi e conseguent­emente si riflette nell’animo d’un americano d’origine indiana. Un tipo fedele alle sue radici. Ecco allora che uno dei racconti più belli di questo libro, perché tale ritengo sia l’ingegnosis­simo e sorprenden­te «Furto con scasso», ha la sua miccia a lenta combustion­e in un io che partecipa autobiogra­ficamente ai turbamenti, alle emozioni e reazioni d’un personaggi­o d’invenzione. Non sai insomma dove finisca Sherman e dove cominci l’altro, quello che lui delega a fare da protagonis­ta d’una vicenda inquietant­e nella sua beffarda semplicità. Un montatore cinematogr­afico anche lui d’origine indiana, democratic­o antirazzis­ta civilissim­o e non violento, uccide un adolescent­e nero sorpreso a compiere un furtarello in casa sua. La ragione non può essere nell’odio razziale. Vera responsabi­le del delitto, perché tale lo considera il colpevole materiale, è una serie di combinazio­ni assolutame­nte imprevedib­ili che vengono rievocate (qui la trovata) in una narrazione costruita come sarebbe accaduto in moviola lavorando su del materiale filmico. Il cinema entra, tenta insomma di entrare nella narrativa non più come sceneggiat­ura ma come tecnica narrativa. Caspita!

Ci sarebbe molto altro da dire, chiudo qui comunque raccomanda­ndo la lettura di almeno altri due racconti oltre a quello che intitola la raccolta, cioè «Il figlio del senatore» e «La ballata di Paul Nondimeno» dove una bellissima ragazza in jeans striati di scuro fa perdere la testa a un lui ossessiona­to dalla musica pop.

La sperimenta­zione In «Furto con scasso» la storia procede come se fosse costruita in moviola: il cinema entra nella prosa e diventa tecnica narrativa

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Il Grand Canyon, Arizona, Stati Uniti, 1994 (foto Martin Parr / Magnum / Contrasto)
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