Corriere della Sera

Sanremo romanesco

«Il dialetto è il luogo dell’intimità Canto un amore in crescita: da 20 anni sto con mia moglie»

- Andrea Laffranchi

«Sono milanese di spirito». Ride Luca Barbarossa mentre sottolinea la sua puntualità e l’ordine del suo zainetto con penne e gadget tecnologic­i perfettame­nte allineati negli scomparti.

Milanese di spirito ma romano di nascita e cuore. Tanto che al Festival porta «Passame er sale», canzone nel dialetto della Capitale...

«Tutto il nuovo album che si chiama “Roma è de tutti”, come un brano in cui duetto con Fiorella Mannoia, è in dialetto. Il dialetto che uso è quasi un’inflession­e, un accento, uno stato d’animo, non la lingua dei sonetti ottocentes­chi di Giuseppe Gioacchino Belli. Sfido chiunque a non capire una parola».

Nell’era della tecnologia e dell’inglese lei sta prendendo un’altra direzione. Come mai?

«Questa è world music, il disco più internazio­nale che ho fatto. Il dialetto invece di

escludere qui include. È il luogo dell’intimità, della strada e della casa. Quando si parla in dialetto escono cose e modi dire dei nostri nonni e genitori, come quando cucini».

È uno scatto d’orgoglio in risposta al momento difficile di Roma?

«È un atto d’amore verso una città bellissima che continuo ad amare nonostante tutto. In un storia millenaria ci sta un momento di difficoltà. La grandezza di Roma non può essere offuscata da noi umani». Come vive l’amministra­zione della sindaca Raggi?

«Come vuole che la viva? I danni li hanno fatti in tanti in passato, ma non ho mai creduto alla teoria dell’uomo qualunque che arriva e fa meglio di chi ha fatto politica. La

città meriterebb­e risorse materiali e umane straordina­rie. È un patrimonio universale. Se perdiamo Roma perdiamo tutti».

Nel disco sta fra l’ironia di «La pennica» e «La dieta», e i temi forti. «Se penso a te» racconta il suicidio di un carcerato…

«Ho un rapporto continuo con Rebibbia e Regina Coeli. Faccio concerti e sono tutor per un concorso letterario: ho sentito racconti e percepito umori che ho tradotto liberament­e nella canzone».

«Madur», duetto con Mannarino, denuncia il razzismo strisciant­e…

«”Madur” sembra un nome orientale, in realtà è l’acronimo di Morte occidental­e di un romano. Parla della violenza di un ragazzo di colore pestato a morte da dei balordi. Alla fine si scopre che lui è l’unico romano della storia. Chi nasce in un Paese appartiene a quel Paese». Di cosa parla invece «Passame er sale»?

«È un bilancio di un’esistenza. In genere si racconta l’amore che nasce o quello che finisce, qui c’è la fase della crescita. Parlo a mia moglie con cui sto da circa 20 anni». Sua moglie è franco-catalana. Capisce il dialetto? «Si diverte anche a usarlo,

purtroppo a volte ripete cose che in pubblico sono sconvenien­ti senza rendersene conto». Nona presenza al Festival: memorie sanremesi?

«Durante le prove della scorsa settimana ho ripensato al me 19enne che nel 1981 arrivava lì con “Roma spogliata” dopo aver fatto il musicista di strada. Nel’88 ai tempi della canzone d’amore e leggera portai “L’amore rubato” che parlava di una violenza sessuale: un pugno nello stomaco, mi sentivo un guastafest­e, ma il pubblico la adottò».

Cosa ricorda invece della vittoria del 1992 con «Portami a ballare»?

«Le sensazioni dietro al palco con Mia Martini e Paolo Vallesi in attesa di sapere chi fosse il vincitore. Ero smarrito all’idea di essere in competizio­ne con una grande come Mimì. Quella canzone ha avuto una vita lunga. La sfida quando scrivo è ancora quella».

Internazio­nale La lingua locale include: è world music, il disco più internazio­nale della mia carriera

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 ??  ?? La vittoria nel 1992 Luca Barbarossa vincitore. Con lui, da sinistra, Milly Carlucci, Alba Parietti, Pippo Baudo, Brigitte Nielsen
La vittoria nel 1992 Luca Barbarossa vincitore. Con lui, da sinistra, Milly Carlucci, Alba Parietti, Pippo Baudo, Brigitte Nielsen

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