«La fedeltà coniugale è contro natura»
Muccino racconta una famiglia tormentata. «Il film di Guadagnino? Io non ero il regista adatto»
Uscendo dal film di Gabriele Muccino, tornato agli smarrimenti dell’anima che bucano la pancia, uno può chiedersi: ma esiste l’amore? «Esiste assolutamente. La durata di un rapporto che superi noia e routine è qualcosa di più complesso dell’infatuazione. È difficile superare le tempeste che la vita ti sottopone. Ci castighiamo all’utopia della fedeltà coniugale, qualcosa contro natura. I mammiferi procreano con più partner per garantirsi la sopravvivenza e noi non siamo diversi. Ho voluto raccontare la famiglia quando si allarga e diventa villaggio tribale, il Big Ben delle relazioni umane». A casa tutti bene (dal 14 febbraio, San Valentino, in oltre 500 copie per 01) è la storia di una famiglia costretta a una convivenza forzata, per una mareggiata a Ischia. L’autunno delle menzogne, l’inverno dei tradimenti, la primavera delle speranze, l’estate della ricerca della felicità: è l’acqua in cui ama nuotare Muccino, un tuffo nel suo cine-passato più florido. Tanto che non vorrebbe abbandonare i suoi nuovi personaggi qui: «Mi piacerebbe proseguire il loro percorso in una serie tv».
Un cast All Star che sembra una squadra mista di calcio: in porta Sandra Milo, poi Sandrelli e Accorsi, Gerini e Ghini, Impacciatore e Morelli, Solarino e Tognazzi (Gianmarco), Marescotti e Crescentini. Allenatore Muccino (che ha ripreso qualche chilo perduto),arbitro Pierfrancesco Favino, nel doppio ruolo di attore (del film) e co-conduttore (del Festival di Sanremo dove andranno tutti ospiti la prima serata).
Dopo dodici anni di vita e di lavoro a Los Angeles, per Gabriele è il ritorno di Ulisse a Itaca. «Tutto nasce e torna nella famiglia, è stato un viaggio epico». Finito il suo periodo a Hollywood? «Ero stanco di vivere lontano dall’Italia. Mi mancava la convivialità, lo stare insieme senza secondi fini, le risate di chi ti conosce e ti vuole bene, l’accettarsi non per come appari e per ciò che possiedi. Avere avuto 7 milioni e mezzo di budget anziché 55 come in America? Non rimpiango nulla».
L’America la conosce bene. Luca Guadagnino, 4 nomination agli Oscar per Chiamami
col tuo nome: ce la può fare? «Non ne ho idea, sapevo che sarebbe stato candidato e si sarebbe infilato in quel corridoio stretto che porta agli Oscar, dopo i riconoscimenti della critica. Propose a me di dirigerlo, mi sono fatto corteggiare e anch’io ho corteggiato il copione, fino a quando mi sono reso conto che era troppo lontano da me e non ero adatto». Il tema scabroso dell’amore gay in età diverse potrebbe fare scattare il puritanesimo USA. «Oggi Hollywood è tutta una contraddizione, i parametri che funzionavano al tempo in cui vinceva Titanic, sono saltati da dieci anni, film piccoli riescono a vincere l’Oscar». Tornando in Italia, come spiega il crollo degli incassi dei film italiani? «Il cinema vive sempre di momenti transitori in cui si reinventano formule e il pubblico cambia idee. E la tv di qualità ha destabilizzato un sistema creandone un altro».
Gli Oscar «Hollywood è una grande contraddizione, i titoli indipendenti possono vincere»