CIRCOLI VIZIOSI NELL’INFORMAZIONE
Nelle pagine che seguono viene trattato in modo «sistematico» (per quanto lo consenta un articolo di giornale) un argomento che negli ultimi tempi ha fatto molto sperare e discutere. Prima la pubblicazione del libro di una ricercatrice italiana che lavora in Francia e poi diverse ricerche su riviste scientifiche hanno fatto balenare la possibilità che ormai il cancro si possa scoprire con un semplice prelievo di sangue. In tutti questi casi non sono state raccontante «fandonie». I dati ottenuti e poi riferiti sono stati, salvo eccezioni, reali. Nonostante ciò, l’impressione di diversi lettori è stata quella di essere stati ingannati.
Il motivo è presto detto: non è vero che nella realtà di tutti i giorni si possa fare già oggi diagnosi di tumore in questo modo. Questa asimmetria fra oggettività del dato e suo reale impatto è il risultato di un fenomeno che investe da tempo la comunicazione scientifica. Il problema nasce dal fatto che le riviste scientifiche hanno tutto l’interesse a far circolare il più possibile le ricerche che pubblicano, e ciò non è illegittimo in sé, anche se meriterebbe qualche riflessione in altra sede. E legittimo è pure che agenzie di stampa e giornalisti attingano a queste fonti, perché sono le più affidabili. Ciò crea però talvolta un circolo vizioso: se una rivista scientifica accreditata pubblica qualcosa che «fa titolo», magari con comunicati stampa ben congegnati allo scopo, subito i media generalisti lo rilanciano.
E se il sito web di un media importante (magari il New York Times o la Bbc) lo mette in evidenza, è difficile che gli altri mezzi di informazione abbiamo il coraggio di ignorarlo, pena il rischio di prendere quello che in gergo si chiama «buco». Se la notizia ha un reale impatto sulla vita dei lettori va benissimo. Se invece i risultati della ricerca erano importanti da conoscere per la comunità scientifica ma senza una ricaduta pratica immediata non sempre va altrettanto bene perché si creano aspettative destinate a essere deluse, talora comportamenti sbagliati e, alla lunga, sfiducia in media anche ritenuti «seri». Il problema non è secondario, nè di facile soluzione, perché i meccanismi che bisognerebbe disinnescare in questa catena sono molti e non sempre è possibile riuscire a farlo. Rimane però ufficio di chi scrive di scienza nel riferire i progressi della ricerca definire la cornice di realtà in cui si collocano, senza cadere nella tentazione di «esasperare la speranza».