Corriere della Sera

In Siria raid americano contro le truppe di Assad

IL CONFLITTO LA CONDANNA DI DAMASCO: CRIMINE DI GUERRA

- Di Davide Frattini

A7 anni dall'inizio della rivolta contro Assad, la Siria continua a sanguinare. Un raid Usa ha provocato decine di morti tra i miliziani lealisti. Mosca, che sostiene Assad, accusa Trump, ma le bombe russe fanno strage nella periferia di Damasco: 200 civili morti in 4 giorni.

Nei 33 mila chilometri quadrati dell’area di Deir Ez-zor si fronteggia­no ormai gli interessi di due potenze globali (gli Stati Uniti e la Russia) e quelli di una nazione che vorrebbe diventarlo (l’iran). Accampate a poca distanza, tra loro il fiume Eufrate, le milizie che combattono contro Bashar Assad e le tribù che indossano le divise rabberciat­e del regime siriano: arabi, curdi, iraniani, Hezbollah libanesi sostenuti dagli iraniani, consiglier­i militari americani, rinforzi russi. Tutti si contendono il territorio abbandonat­o dai terroristi dello Stato Islamico in fuga.

Le discussion­i diplomatic­he tra Mosca e Washington hanno stabilito delle linee da non oltrepassa­re per evitare che questa accozzagli­a di armati finisca con lo scontrarsi e allargare la guerra che in Siria va avanti da oltre sette anni. Linee tracciate nella sabbia del deserto e difficili da far rispettare: nella notte tra mercoledì e ieri — spiegano dal Comando centrale americano — le Forze democratic­he siriane (arabi e curdi insieme) coordinate dagli occidental­i sono state attaccate a colpi di artiglieri­a e mortaio da clan tribali favorevoli al governo degli Assad.

I soldati delle forze speciali americane avrebbero chiesto l’appoggio degli elicotteri e nel bombardame­nto sarebbero morti un centinaio di volontari lealisti, la metà secondo altre fonti. Uno scontro che vuole restare limitato almeno nelle parole dei portavoce del Pentagono: «Non abbiamo intenzione di entrare in guerra contro il regime ma le nostre truppe hanno diritto all’autodifesa».

Le Forze democratic­he siriane controllan­o l’area a nord-est dell’eufrate, verso il confine con l’iraq, un pezzo di Siria che attrae i vari avversari perché è la riserva di petrolio del Paese e della famiglia al potere da quarantase­tte anni. Sarebbe questo greggio da estrarre sotto le pietre che permette al ministero degli Esteri russo di accusare «gli americani non sono lì per combattere lo Stato Islamico ma per impossessa­rsi delle risorse siriane», mentre il governo di Damasco definisce il bombardame­nto «crimine di guerra» in una lettera alle Nazioni Unite.

L’onu spera di riuscire a imporre un mese di tregua, un cessate il fuoco chiesto anche dagli Stati Uniti, per portare aiuti umanitari nelle aree ancora controllat­e dai ribelli come la Ghouta, la campagna alla periferia di Damasco, dove per ora continuano solo a cadere le bombe russe e del regime: secondo i medici locali sono i raid più intensi degli ultimi anni, in quattro giorni sono stati ammazzati almeno 200 civili. Ghouta sarebbe una delle zone di «de-escalation» individuat­e dai russi, la strada per una progressiv­a uscita dal conflitto che non finisce.

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Un ragazzo siriano tra le rovine di Arbin
 ??  ?? Gli attacchi Un siriano durante un bombardame­nto del regime di Damasco sull’enclave ribelle di Arbin a Ghouta Est: in 4 giorni sono morte 200 persone (Almohibany / Afp)
Gli attacchi Un siriano durante un bombardame­nto del regime di Damasco sull’enclave ribelle di Arbin a Ghouta Est: in 4 giorni sono morte 200 persone (Almohibany / Afp)

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