Il caso Italo, un’altra azienda agli stranieri
Dal fondo Gip un premio di controllo del 25%. In passato l’interesse per Alitalia e gli scali di Milano e Roma
Italo in mani americane. Un’altra azienda italiana finisce all’estero. Un’offerta «irrinunciabile». Anche se il governo avrebbe preferito la strada della Borsa. Il presidente di Ntv, Cordero di Montezemolo: «Quando stavamo per chiudere non si è visto nessuno».
Cento per cento. Per capire perché il più grande fondo infrastrutturale del mondo ha deciso di investire due miliardi su Italo (e sull’italia) bisogna partire da qui. In soli sei anni i passeggeri dell’alta velocità sulla tratta più remunerativa del Paese — la Romamilano — sono raddoppiati. E la quota di mercato è cresciuta del 15% (dal 58 al 73%) a danno dell’auto privata e dell’aereo. Sul corto raggio il treno è ormai diventato il modo dominante con cui spostarsi. In questo il nostro Paese sta accelerando una tendenza che si vede ovunque nei Paesi occidentali, forse al netto degli Stati Uniti dove la rete ferroviaria per i passeggeri è ancora carente. L’afflato liberale di cui è portatrice l’europa ha fatto il resto. Dal 2020 il mercato ferroviario dell’alta velocità sarà aperto anche in Francia, Germania e Spagna dove c’è un incumbent pubblico in regime di monopolio. Al momento non ci sono modelli simili a quello di Ntv, che ai blocchi di partenza ha un vantaggio competitivo.
Fonti vicine all’operazione intrapresa da Global Infrastructure Partners, assistita da Mediobanca, rivelano che l’offerta da 1,98 miliardi riconosce un premio di controllo di circa il 25% rispetto alla valutazione media degli analisti sulla sua capitalizzazione di Borsa. La gran parte delle banche d’affari del consorzio ha indicato una forchetta tra 1,3 e 1,7 miliardi, per cui il 40% collocato sul mercato avrebbe significato per i soci un assegno tra i 520 e i 680 milioni di euro, da ripartire pro quota. Ecco perché gli azionisti di Italo, consigliati da Rothschild, hanno accettato l’offerta dopo il rilancio di 80 milioni avvenuto mercoledì. L’operazione è stata curata nei minimi dettagli dal partner di Gip, che vive a Londra: Michael Mcghee, esperto di trasporti. È lo stesso, assistito dai legali di Latham&watkins, che aveva sondato l’opportunità di comprare Alitalia nel 2014. È lo stesso che aveva valutato di fare un’offerta ad Atlantia, che controlla lo scalo di Roma Fiumicino. E alla Sea, azionista di riferimento degli scali milanesi di Malpensa e Linate. Gip è un fondo chiuso, che ha una strategia di investimento di lungo termine perché ha una scadenza di dieci anni. Un vincolo per i suoi quotisti. Sono anni che controlla l’aeroporto londinese di Gatwick, mentre è uscito da quello di City a Londra.
In filigrana più di qualcuno osserva che la valorizzazione di Ntv da quasi 2,5 miliardi (comprensiva del debito) sia legata soprattutto alle competenze manageriali che la società ha dimostrato di avere in questi tre anni, in cui per una buona parte c’è stato Flavio Cattaneo al timone. Una ristrutturazione efficace, che è andata di pari passo all’azione incisiva dell’authority dei Trasporti. Italo ha potuto fermarsi a Roma Termini e Milano Centrale, fondamentali per i collegamenti con i treni dei pendolari. E ha attuato una politica molto aggressiva sui prezzi che ha costretto Trenitalia a ritoccare al ribasso i listini. Il tasso di riempimento dei treni sfiora quota 80%. In attesa di andare a Venezia da maggio, che Gip ritiene una destinazione pregiata.
Il governo — che auspicava la via della Borsa — ha fatto un passo indietro. Il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, ha precisato che Gip è «un fondo serio». Montezemolo e Cattaneo, presidente e ceo di Italo, hanno inviato una lettera ai dipendenti precisando che «restano gli impegni e la disponibilità della società in materia contrattuale». I sindacati stanno trattando per l’integrativo. Vista l’offerta di Gip avranno maggiori elementi negoziali.
Gli analisti
La forchetta di Borsa per Italo indicava una capitalizzazione tra 1,3 e 1,7 miliardi