Un giorno con l’hijab al Foreign Office Polemiche a Londra
LONDRA Il Foreign Office, il ministero degli Esteri britannico, è finito sotto accusa per aver invitato le sue dipendenti a indossare l’hijab, il velo islamico, in occasione del «World Hijab Day», una ricorrenza promossa per diffondere la consapevolezza riguardo al velo musulmano. L’iniziativa si è svolta giovedì della scorsa settimana al quartier generale del ministero a Londra, fra mezzogiorno e le due. Una email interna diceva: «Vuoi provare l’hijab o apprendere perché le donne musulmane indossano il velo? Vieni al nostro evento: velo gratis per tutte quelle che decidono di indossarlo. Le donne musulmane scelgono di portare l’hijab: molte vi trovano liberazione, rispetto e sicurezza».
Ma la cosa non è passata inosservata. Maajid Nawaz, che guida la Quilliam Foundation, think tank che si propone di combattere l’estremismo islamico, ha accusato il Foreign Office di «sostenere l’oppressione istituzionale delle donne, mentre le coraggiose iraniane rischiano tutto per rimuovere la tirannia dell’hijab». Negli ultimi mesi in Iran molte donne hanno cominciato a togliersi o bruciare il velo, sfidando le autorità.
Anche un deputato conser- vatore, Andrew Bridge, è entrato nella polemica: «Vorrei sapere di chi è stata questa brillante idea — ha chiosato —. È ridicolo, è un totale spreco del denaro dei contribuenti e non è cosa che riguardi un ministero».
Il Foreign Office ha replicato che «era un evento interno per lo staff a Londra, che intendeva ottenere una migliore comprensione delle differenti questioni culturali che si potrebbero affrontare lavorando all’estero».
C’è da dire che il velo islamico è molto meno controverso in Gran Bretagna di quanto non lo sia in Francia, dove è proibito in molte circostanze (per non parlare dell’italia, dove è praticamente sconosciuto). A Londra è un abbigliamento comunissimo, diventato quasi un accessorio fashion. Basta andare a fare shopping da Selfridge’s, i grandi magazzini di lusso su Oxford Street, e si può essere serviti da commesse truccatissime ma col capo velato; se si sceglie di andare al cinema, si trovano le ragazze alle casse o che staccano i biglietti che indossano l’hijab; si va a comprare le medicine e c’è la farmacista velata; si entra in banca e si parla con l’impiegata con l’hijab. Tutte esperienze capitate quotidianamente al vostro corrispondente. Senza dimenticare che una delle più osannate celebrity televisive britanniche è Nadiya Hussain, cuoca provetta che indossa rigorosamente il velo. In certi casi l’hijab diventa un espediente pratico: si incrociano per strada donne musulmane che conversano al telefonino tenendolo infilato nel velo, mentre con le mani libere spingono il passeggino o portano la spesa. E non è raro vedere a Londra anche donne col niqab, il velo integrale: ma anche in questo caso capita di incontrare combinazioni insolite, come le ragazze in metropolitana incollate al cellulare, con le Nike ai piedi e il volto del tutto coperto.
La protesta
«Il ministero sostiene l’oppressione, mentre le iraniane combattono la tirannia del velo»