«Il no alla mia scarcerazione con motivazioni fantasiose»
«Contro ogni esame obiettivo della situazione patologica, il Tribunale si prodiga in una motivazione fantasiosa che non può trovare accoglienza in una intelligenza normale e in un animo sereno». Così Marcello Dell’utri commenta dal carcere, in una lettera aperta affidata ai suoi avvocati Simona Filippi e Alessandro De Federicis, il rigetto della sua richiesta di lasciare Rebibbia, provvisoriamente, per potersi curare il tumore alla prostata ai domiciliari in una clinica milanese. L’ex senatore si dice «amareggiato più che sorpreso per l’ennesima crudeltà giudiziaria». Il cofondatore di Forza Italia sconta sette anni di condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa e già pochi mesi fa aveva visto respingerei una richiesta analoga. Pur senza sottovalutare i suoi problemi di salute, definiti «seri ma non allarmanti» il tribunale ha fatto prevalere le esigenze di custodia per un detenuto che «si darebbe alla fuga» se uscisse dal carcere. Non viene insomma negata la possibilità di curarsi ma si ritiene più adatta una struttura protetta, dove Dell’utri rimanga sotto controllo (nelle sedute di radioterapia sarebbe anche liberato dal braccialetto elettronico). Anche su questo punto Marcello Dell’utri dissente e definisce la sua precedente latitanza in Libano (nel 2014), portata dai giudici come uno dei motivi fondanti della loro decisione, «una leggenda vera e propria». E invece secondo il tribunale «la sua posizione giuridica non è in alcun modo rassicurante» anche alla luce delle possibili nuove condanne dai processi in corso. Dell’utri cita anche le analoghe condizioni di altri detenuti e si dice «meravigliato» per il fatto che non sia stato disposto «una forma di terapia effettiva, idonea e concreta, compatibile con il mio stato». Ma la soluzione secondo i giudici è nelle strutture ospedaliere per detenuti dove l’ex senatore, che oggi ha 76 anni, avrebbe tutte le cure del caso e sarebbe per il periodo necessario.