La nonna che faceva la spesa: carne, frutta, insulina e ormoni
I consigli a un atleta: «Non farti domande, ti rimettiamo in sesto»
Non le cannule delle flebo, non i flaconcini di Epo, non il testosterone, non l’arsenale di farmaci nascosti nei frigoriferi. Le immagini della polizia che raccontano meglio di ogni altra cosa l’agghiacciante doping dell’altopack-eppela sono quelle rubate davanti alla casa della 70enne Maria Luisa Luciani, madre di Luca Franceschi, titolare del team, che aspetta trepidante fuori dall’uscio che le venga consegnata la spesa. Nei due sacchetti che la signora prende e porta in casa — filmata dagli investigatori — ci sono carne e frutta, insulina e ormoni.
Quello di Lucca è un affare di famiglia, la grande famiglia allargata del doping. Narciso Franceschi, 75 anni, marito di Luciana e padre di Luca, da giovane era noto come «scalatore operaio». Ciclista modesto, mai passato professionista, ha riversato la sua enorme passione prima nel negozio di biciclette e poi trasformando la casetta fuori Lucca in succursale della squadra. «Dopo pranzo e senza dare troppo nell’occhio — spiega il commissario Silvia Cascino — i La nota
● La Altopack spa, azienda che produce impianti per il packaging alimentare, «fa presente di non avere più rapporti con le associazioni sportive coinvolte nell’indagine di Lucca». E di averle diffidate già a novembre dall’uso del nome Altopack ragazzi uscivano due alla volta a piedi dall’appartamento dove vivevano e andavano dai Franceschi per restarci due o tre ore». Caffè e dolcetto? No, flebo e ormoni in quantità industriale, con la personale assistenza dei due nonnetti e la supervisione dei direttori sportivi.
Per non destare sospetti, i coniugi facevano stoccare i rifiuti (flebo, cannule, cateteri, confezioni di farmaci) in cassonetti lontani da casa. E se serviva una fornitura alle corse? Ci pensava la compagna di Franceschi, corriere insospettabile e sconosciuta nell’ambiente. Lui, Luca Franceschi, amico di atleti illustri, era prima di tutto il motivatore: «Domenica prima corri — spiega a un atleta titubante — e poi