«Con Aroldo Tieri un grande amore Ma alla fine lui cominciò a odiarmi»
Chi è
● Giuliana Lojodice è nata a Bari il 12 agosto 1940 ed è sorella della coreografa Leda Lojodice. Celebre soprattutto come attrice di teatro e di televisione, ha girato film famosissimi: «La dolce vita» di Federico Fellini, «La vita è bella» di Roberto Benigni. Ora in tournée con «Copenaghen» di Michael Frame dal 3 aprile al Piccolo di Milano D ice di avere un vuoto nella memoria. «Lo definirei un vero e proprio buco nella testa che risale alla mia prima infanzia — racconta Giuliana Lojodice — Avrò avuto 2 o 3 anni e durante la guerra venni spedita dai genitori, insieme ai miei due fratelli maggiori, da Bari, la nostra città, in Alta Italia, uno strano posto in Valtellina dove dominava la Repubblica di Salò. Mi chiedo ancora oggi cosa sarà successo in quel collegio di suore che non erano tanto buone, erano severe, ci rimproveravano continuamente, ci umiliavano, obbligandoci a fare delle cose, non ricordo quali, ma so che non mi piaceva farle. Deve essermi successo qualcosa nel cervello e da lì deve essere nato il mio spirito ribelle». Il papà avvocato, la mamma pianista: «Certo i nostri genitori ci avevano allontanato per proteggerci dagli eventi bellici, ma io mi sono sentita letteralmente strappata dalle braccia di mia madre, mi sono sentita abbandonata e da quel momento si è sviluppata in me una voglia di assoluta autonomia, indipendenza... potevo farcela da sola».
Finita la guerra, la sua prima contestazione esplode a scuola: «Non finii il liceo, e questo poi mi è dispiaciuto, ma fui ben contenta di andare a frequentare, con la mia sorella minore, l’accademia di danza: Leda è diventata un’étoile, io invece ho virato verso la recitazione». E il suo debutto avviene nel cinema con Valerio Zurlini: «Avevo 14 anni e mi innamorai perdutamente del grande regista, un uomo straordinario, una cotta pazzesca per lui che, ovviamente, non se ne accorse nemmeno. Forse è da quel momento che ho iniziato a essere attratta da uomini tanto più grandi di me». Non a caso il suo più grande amore è stato Aroldo Tieri, con oltre vent’anni più di lei e proprio per lui scatta la sua seconda contestazione, nei confronti del matrimonio: quando si conobbero, infatti, Giuliana era sposata con Mario Chiocchio e madre di due figli, Sabrina e Davide.
«All’inizio della nostra relazione fu un periodo terribile, all’epoca non esisteva il divorzio e c’era la separazione per colpa. Una sera mio marito ci aspetta davanti al cancello di casa e, agitando un foglio di polizia che stringeva in mano, minacciò Aroldo: “Se rivedi mia moglie, ti mando in galera”. Seguirono altre minacce fisiche tanto che Aroldo, per un periodo di tempo, fu costretto a farsi accompagnare a casa dai carabinieri. E quando mio marito si rese conto che non sarei tornata a casa da lui, fece sparire i miei bambini. Il suo era odio vero e mi intimò che, se volevo rivederli, dovevo abbandonare la compagnia teatrale che condividevo con il mio... amante».
Giuliana, ostinata, non si arrende e, dopo una lunga battaglia legale fra tribunali e avvocati, riesce a trovare la soluzione, una piccola mansarda sopra l’appartamento dove vivevano i suoi figli: «Una situazione imbarazzante, ma era l’unico modo per vederli. Sono stata tra le prime donne divorziate in Italia», aggiunge con una punta di orgoglio. Intanto si consolida con Tieri il sodalizio non solo amoroso (si sposarono molti anni dopo nel 1989), ma anche professionale, condividendo vita privata e di palcoscenico. «Era sempre stato uno scapolo d’oro e con me aveva capitolato. Tra noi un sodalizio meraviglioso ma anche problematico — sottolinea l’attrice — Aroldo non era un tipo facile. Certamente un genio della scena, un protagonista assoluto e spesso io ho rinunciato per lui a ruoli ingombranti, che potessero metterlo in ombra». Per esempio? «Mi sarebbe tanto piaciuto recitare insieme “La bisbetica domata”, nei ruoli di Caterina e Petruccio saremmo stati perfetti, ma non se ne parlava proprio...». Totale, supina dedizione della compagna di scena nei confronti del capocomico? «In un certo senso sì, ma lo facevo molto volentieri perché se la meritava tutta, anche se...». Anche se? «Bè, lui mi apprezzava molto ma non voleva mettermi sul piedistallo e quando in camerino qualcuno veniva a farmi troppi complimenti, lui smaniava, non gradiva molto diceva “basta, basta con tutti questi complimenti, sennò poi si monta la testa e a casa con lei la pago io!”». Gelosia professionale? «Assolutamente no, semmai un po’ di gelosia sentimentale, anche se lui era bravissimo a mascherarla: d’altronde era logico che, avendo a fianco una donna tanto più giovane, potesse temere qualche tradimento, che da parte mia non c’è mai stato, e per lui ammettere di essere geloso era impossibile».
La cucina
Un lungo elenco di spettacoli di successo della ditta Tieri-lojodice, tutta casa e teatro.