Corriere della Sera

Di corsa nelle zone «calde» del mondo

- Martino Spadari

Le Olimpiadi insegnano: lo sport è capace di fermare (o almeno allontanar­e) le guerre. I giochi di Pyeongchan­g con il rasserenam­ento parziale tra le due Coree sono un esempio. Ma si può fare molto anche con meno: basta mettersi a correre. È questa l’intenzione di chi organizza quelle maratone che si svolgono nelle zone «calde» del mondo dove ci sono (o ci sono state) tensioni. Partiamo da Tel Aviv: il 23 febbraio si corre la maratona alla quale partecipan­o centinaia di atleti da tutto il mondo, Palestina compresa. Qui non si avvertono particolar­i tensioni, anzi: il clima è distensivo ma il messaggio resta forte. Lo stesso spirito anima la maratona di Gerusalemm­e che si svolge il 9 marzo. L’atmosfera magica di questa città influenza qualsiasi visitatore e quindi anche chi si mette in pantalonci­ni e scarpe da ginnastica: fatica e sudore rendono compagni tutti gli uomini. Puntuale la risposta «dall’altra parte», ossia la maratona della Palestina, il 23 marzo. Da molti anni più di tremila atleti (in maggioranz­a palestines­i) partono dalla Chiesa della Natività per correre nella città vecchia di Betlemme e per un tratto anche lungo il muro che divide dalla Cisgiordan­ia: tutto il territorio si mette a disposizio­ne di atleti e atlete e del messaggio di pace che portano correndo. Cambiamo quadrante e andiamo in Iran: nel 2017 si è svolta a Teheran la prima maratona internazio­nale a dimostrazi­one di quanto il governo si sia impegnato ad aprire il Paese al mondo. Non è stato facile partecipar­e (soprattutt­o per le donne) ci sono stati cambi di orari e difficoltà a ritirare pettorali ma tutto si è svolto nel migliore dei modi e la gara è stata avvincente. Si replica il 13 marzo. Da tempo l’attenzione del mondo è puntata sugli arsenali di Kim: eppure la Corea del Nord da anni organizza una maratona (blindata, è vero) che si snoda per le strade di Pyongyang (la gara inizia e termina allo stadio Kim Il Sung). La data è domenica 8 aprile: non è facile partecipar­e (i giornalist­i non sono ammessi) e i controlli sono stringenti ma la corsa è interessan­te, soprattutt­o perché non è facile vedere da vicino la realtà quotidiana della Corea del Nord. Torniamo nel Mediterran­eo. Da decenni il Libano è diviso da conflitti e da molti anni qui stazionano forze di pace internazio­nali. Il 22 aprile la maratona di Beirut sfida tutto questo ed è molto partecipat­a. Lo stesso vale per la gara di Istanbul che quest’anno si corre l’11 novembre: si parte dalla costa asiatica, si percorre il ponte sul Bosforo e si arriva nella parte europa: correre in questa città allontana, anche solo di poco, il rischio di far cadere la Turchia nel buio di un regime. La dimostrazi­one viene dal numero e dalla provenienz­a degli iscritti: migliaia da tutti i continenti.

 ??  ?? Maratoneti davanti alla torre Azadi, simbolo della Teheran moderna
Maratoneti davanti alla torre Azadi, simbolo della Teheran moderna

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy