Zucchero e granella rosa: il fenomeno (pop) del Museo del gelato
Successo negli Stati Uniti per l’installazione celebrativa del dolce americano che ora sbarca a Miami
C’è la sala degli unicorni, l’angolo dello zucchero filato, e una piscina di granella colorata dove è consentito tuffarsi. I visitatori camminano tra una sala e l’altra, con un gelato in mano e il telefono collegato a Instagram nell’altra. L’ice Cream Museum, spazio dedicato alla celebrazione del gelato americano, è nato per il pubblico dei Social Media. Ha registrato il sold out a New York, a Los Angeles, e ora a San Francisco: alla prima uscita pubblica online, i biglietti sono terminati in trenta minuti. A Miami il gruppo del MOIC ha appena aperto la quarta location. Un percorso di un’ora dentro un paese dei balocchi dove tutto è di zucchero. Come filosofia «d’azienda», anche gli addetti al museo — integralmente vestiti di rosa — incoraggiano i visitatori a scattare selfie e inquadrare la giusta posa. I fondatori hanno ideato uno spazio che fosse in grado di divertire i Millennial continuamente collegati alla Rete e al proprio profilo. Ai fortunati in visita al MOIC è concesso un giretto in un sogno d’infanzia: in ogni angolo dell’installazione — nel palazzo art deco che prima ospitava il monomarca di Emporio Armani a San Francisco — si alternano una serie di sale disegnate per eccellere nei filtri di Instagram. È un parco giochi per adulti, dove durante il tour gelatai sorridenti offrono palline di crema e pistacchio. C’è una sala degli specchi e quella dedicata a ghiaccioli giganteschi. Il biglietto costa 34 dollari e in un comune lunedì pomeriggio in fila all’ingresso c’è un pubblico di ragazzi, giovani professionisti in pausa pranzo, e qualche famiglia.
Mareyellis Bunn ha 25 anni e un passato come designer e direttore creativo con clienti come Instagram e Facebook. Il New York Magazine l’ha definita la «Walt Disney dei Millennial» e nel realizzare il pri- mo museo temporaneo, insieme al suo fidanzato e cofondatore, Manish Vora, ex ceo dell’azienda Lightbox, hanno utilizzato fondi personali: ora gli sponsor principali sono American Express e Tinder. «Volevamo creare uno spazio che si ispirasse all’infanzia di ognuno di noi», spiega miss Bunn, che sta già pensando di esportare il progetto all’interno di un hotel e creare una propria linea di gelati e portare le installazioni all’estero. Per offrire sempre un’esperienza, più che un museo tradizionale.