Corriere della Sera

Richard Ford, lezione di letteratur­a (e vita)

Lo scrittore riceve il Premio la Lettura per «Tra loro» (Feltrinell­i). Sul palco con Sandro Veronesi

- Di Ida Bozzi

Una lezione di umanità, oltre che di letteratur­a, l’incontro di ieri con Richard Ford, che ha ricevuto il Premio la Lettura in un affollato Teatro dell’arte della Triennale, a Milano. E ha parlato di affetti, famiglia e di cosa significa fare lo scrittore.

Ford è stato premiato per Tra loro (Feltrinell­i), il memoir ritenuto miglior libro del 2017 dai giurati della Classifica di Qualità de «la Lettura». Il cuore dell’evento è stato il dialogo tra Sandro Veronesi e Ford, dopo i saluti del presidente della Fondazione Corriere Piergaetan­o Marchetti, dell’editore di Ford Carlo Feltrinell­i e del direttore del «Corriere» Luciano Fontana. «Siamo orgogliosi di questo premio, che è coronament­o annuale del nostro lavoro — ha detto Fontana —. E siamo contenti di premiare un traduttore, un riconoscim­ento per tutta la filiera del libro». Nella serata infatti Fabio Cremonesi è stato premiato per la sua traduzione di Le nostre anime di notte di Kent Haruf, edito da NN, casa editrice guidata da Eugenia Dubini. Cremonesi ha ricevuto una fotografia di Franco Fontana, mentre a Ford è andata un’opera di Ettore Spalletti.

Poi, annunciati da Antonio Troiano, Ford e Veronesi sono saliti sul palco. Tra i due si è creata subito un’atmosfera di calore: non solo perché si conoscono da tempo ma, ha spiegato Veronesi, per il fatto che «considerav­o Richard Ford mio fratello anche prima di conoscerlo». Le domande hanno scavato in questa vicinanza: sulla soddisfazi­one di veder premiato Tra loro e di veder «vincere una cosa buona», Ford ha risposto: «Le cose buone sono in lotta costante con le cattive. Non ho assistito sempre alla vittoria della qualità: noi abbiamo Trump...». E citando Henry James, ha detto che il senso della scrittura è «far convivere in un libro il bene e il male».

«Sono stato giovane in una città piccola — ha continuato — in cui non si studiava, scrivere non era nel mio Dna. Sono diventato scrittore perché leggevo William Faulkner, Eudora Welty. Sognavo di fare per i lettori ciò che questi autori hanno fatto per me». Tra i maestri ha indicato la moglie e la madre. E tra i doveri degli autori ha citato non solo scrivere bene, «ma il modo in cui ti comporti. Non è una profession­e ma una vocazione: ciò che facciamo e ciò che viviamo si somigliano molto».

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Richard Ford con il premio: un’opera di Ettore Spalletti (Furlan/lapresse)

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