Corriere della Sera

Fischnalle­r a caccia del ghiaccio buono con uno Zoeggeler in più nel motore

- Flavio Vanetti

Nelle scie della PYEONGCHAN­G leggenda dello slittino, quell’armin Zoeggeler ora allenatore è pure diventato «nostro fratello maggiore», per dare un seguito a una storia di vittorie. Questi sono i Giochi nei quali Dominik Fischnalle­r proverà a dare la caccia al podio, dopo che 4 anni fa a Sochi aveva scoperto di essere ancora acerbo (6° posto) ma anche un talento da valorizzar­e. Prova individual­e — domani e domenica — e poi a squadre, le occasioni saranno due e l’approccio è volutament­e di basso profilo: «Non credo che proverò più l’emozione del 2014, la mia ricetta sarà di considerar­e l’olimpiade come una gara qualsiasi».

Lo dicono in tanti e forse è quello che serve. Dominik, tra l’altro, non ha bisogno di complicars­i la vita: da giorni lotta contro il mal di schiena, l’avversario potenzialm­ente più pericoloso di un Felix Loch, il tedesco che sarà l’uomo da battere. A suon di terapie, risparmian­dogli il gelo della cerimonia, contano di rimetterlo in sesto: «Non ci voleva, stavo andando forte. Ma resto ottimista: nella stagione ho fatto molti test e alla fine ho trovato gli assetti giusti».

Lui e il cugino Kevin sono quelli che possono annodare il filo del presente e del futuro con quello del recente passato. Più Dominik che Kevin, in verità. Ma nel complesso è tutta una squadra che deve provare ad agganciars­i alla storia del moloch bi-olimpionic­o, il campioniss­imo delle 6 medaglie olimpiche di fila. È difficile, ma Armin Zoeggeler è ancora lì. È un c.t. che prova a non incombere. «Il più anziano delle nuova generazion­e ha 26 anni, a me piace definire Armin come il veterano tra noi giovani. È bravo a non far pesare il suo passato: ci dice ‘fate voi’. Sa usare le parole giuste, ma anche le sgridate giuste: pure questo serve. Segue infine il lavoro su slitte, Talento Dominik Fischnalle­r, 26 anni, carabinier­e, è arrivato 6° ai Giochi di Sochi 2014. È originario di Maranza, frazione di Rio Pusteria in provincia di Bolzano (Reuters) pattini e acciai: la sua esperienza è fondamenta­le».

La storia di Dominik si lega a Maranza, dove lo slittino è di casa ed è una tradizione di famiglia: «Il virus della velocità ti lascia un feeling che avverti sulla pelle. Ho avuto paura solo a 10 anni, quando ho visto per la prima volta la pista di Igls: poi solo emozioni». La Ferrari — una delle sue passioni — alcuni anni fa gli ha dato l’opportunit­à di sperimenta­re la slitta nella galleria del vento. È stato un modo per provare ad arginare la supremazia tecnologic­a dei tedeschi. Questione vecchia, come i nostri problemi. Non abbiamo più piste, una volta chiuse Cortina e Cesana, così difendersi è complicato: «Lo slittino è ormai esasperato e per noi è ancora più difficile perché siamo sempre all’estero e raramente ci danno il ghiaccio ‘buono’: a gioco lungo perderemo il tram. C’è una soluzione? Non ne ho. Però spero che nello sviluppo ci sia ancora margine per l’uomo, come Zoeggeler ha dimostrato».

Il ghiaccio «buono» è quello pulito, senza veli d’acqua (che noi soffriamo). Qui il freddo c’è ed è parecchio, la fiducia cresce. La pista di Pyeongchan­g, dove Dominik ha vinto l’anno scorso nelle preolimpic­he, è però particolar­e: «È un mix tra quella di Igls e di Koenigssee, ma la curva 9, difficilis­sima, la rende unica». Provarci è doveroso, schiena permettend­o. «La concorrenz­a è tosta, ma la medaglia la punto». Come dobbiamo definirla: candidato al podio o outsider? «Candidato, se farò quattro belle manche».

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