Otto autori, il poeta e un «gobbo»: testi tosti a Sanremo
T esti tosti. Ci sono otto autori, un poeta e il gobbo (è il suggeritore elettronico), ma i testi di Sanremo sono veramente imbarazzanti. È vero che è difficile che un non conduttore come Baglioni riesca a dire qualcosa di spontaneo, di efficace, ma i testi non l’aiutano. Del resto, basterebbe analizzare i testi delle sue canzoni per capire quanto sia difficile per lui spogliarsi degli abiti del poeta.
Ha dichiarato: «La Rai ha voluto me, musicista, interprete, compositore, cantante come direttore artistico del Festival». Sì, certo. Non come presentatore, però. Vogliamo pararle della gag con Franca Leosini? Un’ideona (accidenti!), tempi sbagliati, recitata parrocchiale. Ma è Sanremo e a Sanremo tutto vale. Non vale l’autocitazione e un musicista come Rossini (maestro dell’autocitazione, tanto per «citarne» uno) verrebbe messo in discussione dalla giuria del Festival, come è capitato a Meta e Moro. E dire che il postmoderno ha decretato la supremazia della citazione sull’originale, viviamo in un contesto dove ogni frase è fra virgolette, tutto è meta (dai programmi del M5S alle tesi della Madia). Tra l’altro, il testo contro il terrorismo è uno dei pochi ad avere sostanza: «A Il Cairo non lo sanno che ore sono adesso / Il sole sulla Rambla oggi non è lo stesso / In Francia c’è un concerto / la gente si diverte / Qualcuno canta forte /Qualcuno grida a morte…». Tasti e testi. Su Tv2000, ospite di «Bel tempo si spera», la trasmissione condotta da Lucia Ascione, il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha commentato i testi delle canzoni: «Ho letto la maggior parte dei testi delle canzoni del Festival di Sanremo. La cosa curiosa è che quest’anno c’è poca attenzione alla dimensione esteriore, sociale e generale. C’è soprattutto un’attenzione all’intimità e alla sostanziale insoddisfazione che fiorisce all’interno delle coscienze». Amen.