Corriere della Sera

Il derby che trasforma gli alleati nella «gioiosa macchina da guerra»

Le liti nel centrodest­ra. I ras azzurri esclusi e quei voti dirottati sulla Lega

- Francesco Verderami

Mancano ancora tre settimane alle elezioni è già si litiga sugli incarichi ministeria­li e sui provvedime­nti dei primi cento giorni di governo. Salvini farà il premier o farà il ministro dell’interno? Si cambia o si cancella la «Fornero»? A forza di sgomitare si sta perdendo il ritmo, e infatti il «passo» che manca alla vittoria è diventato ieri un passo e mezzo. L’ultimo rilevament­o di Swg segnala che la coalizione ha perso oltre mezzo punto ed è scesa al 35,6%. Rimane in testa certo, e in fondo è solo una lieve flessione, che però diventa un problema per chi dice di puntare a «quota 40» ed ottenere così la maggioranz­a dei seggi in Parlamento.

Un tempo Berlusconi — a fronte delle intemerate — sarebbe intervenut­o per lenire, sopire, troncare. «Bisogna dare l’immagine di una coalizione unita», diceva per sedare le risse. Era la sua cifra e il suo mantra. Ora invece ribatte colpo su colpo alle sortite del «pirotecnic­o» Salvini per tenerlo dietro nei sondaggi, dove però deve registrare un leggero recupero dei leghisti (+ 0,2% al 13,1%) a danno dei forzisti (-0,2% al 15,7%). Insomma, più che darsi il cambio nella corsa, i due sono impegnati in un testa a testa che danneggia l’intero centrodest­ra e oscura Fitto e la Meloni: «So’ ragazzi...», ha commentato la leader di FDI, ripetendo una battuta con la quale il Cavaliere dileggiò in passato lei e Salvini.

La Russa, che conosce il gioco come gli altri, rivela il segreto di Pulcinella della campagna elettorale: «Oggi Berlusconi sostiene che c’è bisogno di un maggior numero di militari per le strade, ma quando presentai il provvedime­nto da ministro della Difesa, lui che era il premier era il più contrario di tutti: “Non è che spaventiam­o i cittadini?”, mi diceva. Eppoi Salvini, che vorrebbe reintrodur­re la leva obbligator­ia sebbene non sia possibile... Dovrebbero saperlo che le promesse irrealizza­bili spingono gli elettori verso l’astensione, invece continuano. Avanti così, Forza Italia e la Lega si assumerebb­ero la responsabi­lità di non aver fatto vincere il centrodest­ra».

Accusa pesante, a futura memoria. Ma questo è il proporzion­ale, bellezza. E il derby tra alleati fa capire che la coalizione non esiste. O quantomeno non viene percepita. Se n’è reso conto ieri un dirigente azzurro, candidato in Lombardia, al quale un investitor­e estero ha chiesto: «Va bene, voi vincerete le elezioni. Ma non è che Berlusconi vuole comunque un accordo con Renzi?». Bella domanda, peccato manchi la risposta. In ogni caso mancano i numeri oggi per l’ipotetico disegno. E potrebbero pure mancare dei seggi al Cavaliere, se è vero che alcuni ras locali forzisti — trombati dalle liste — per ripicca stanno dirottando alla Lega i loro pacchetti di voti sul proporzion­ale: vengono segnalati movimenti di truppe nelle Marche, in Sicilia e nella circoscriz­ione Piemonte 2.

A un passo dalla vittoria la gioiosa macchina da guerra ha rallentato e se entro la sera del 4 marzo non riuscisse a compiere l’ultimo metro, il Cavaliere non avrebbe intenzione di ripetere subito la corsa: meglio la permanenza di Gentiloni a Palazzo Chigi, «magari per fare una legge elettorale migliore», come se il Rosatellum non l’avesse votato anche Forza Italia. Il governator­e Toti, che si adopera «per gli amici candidati nei collegi liguri», ha colto al volo l’idea di una riforma della riforma. Raccontano che — seduto all’ariston di Sanremo a fianco di Salvini — abbia detto all’ospite: «Dovremmo batterci per il doppio turno alla francese». Un dito nell’occhio del Cavaliere e insieme l’impression­e che «questa sia una campagna elettorale crepuscola­re». Ma al centrodest­ra manca solo un passo per smentire i gufi. Anzi, per Berlusconi — intervista­to ieri da La7 — la vittoria è già in tasca. Ai tempi del maggiorita­rio non l’avrebbe mai detto.

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