Si annoiano perfino gli hacker
Ma come, ci avevano detto che questa campagna elettorale sarebbe stata inquinata e biecamente condizionata da stuoli di tenebrosi hacker preferibilmente russi, e invece? Invece qui non si vede traccia di hacker, né russi né di altra nazionalità, e oramai mancano solo una ventina di giorni al voto del 4 marzo. Ci si credeva davvero. Correva la convinzione che Trump avesse vinto grazie a non si ricorda bene quale post su Facebook, che la Brexit avesse trionfato per un paio di tweet pieni di falsità, che Marine Le Pen era stata aiutata da qualche fotografia non ben identificata di Instagram. In Italia sarebbe stata la manna delle fake news, milioni di elettori sarebbero stati spinti a votare in un certo modo grazie alla subdola manovra di qualche manipolatore nascosto del web. E invece abbiamo qualche affannoso assalto ai siti web dei partiti. Del Pd per scoprire l’indirizzo già vecchio di casa Renzi, della piattaforma Rousseau per mettere alla berlina l’imperizia informatica dei grillini che si fanno scudo del loro blog, della Lega per mettere un po’ di paura a Salvini. Ma poi basta. Forse perché la campagna elettorale è talmente piena di fake news ufficiali da rendere impossibile la diffusione occulta di quelle non vidimate. Forse perché gli stessi hacker sono un po’ demotivati da una campagna elettorale in cui l’urlo apocalittico copre malamente il vuoto pneumatico di una competizione moscia e scolorita. Forse perché la più grande fake news è quella in cui si dice che qualcuno potrà vincere le elezioni. Fatto sta che le pattuglie di vigilantes del web messe su dai partiti tradizionali si trovano mestamente a scorrere le scemenze permanentemente presenti sui social, sia prima che dopo la campagna elettorale. Mai disperare però. L’hacker russo è furbo è può assestare il suo micidiale colpo quando meno te lo aspetti, in una dichiarazione radiofonica di Berlusconi o in una chiacchiera al mercato comunale di qualche candidato di Liberi e uguali. Vigilanza, dunque. L’hacker è in agguato.