Corriere della Sera

«Orge nella casa dei cooperanti» Accuse contro Oxfam ad Haiti

Il direttore della ong in Italia: «I colleghi sbagliaron­o, i colpevoli ora lavorano altrove»

- Sara Gandolfi

Li chiamavano i «pink apartments», gli appartamen­ti rosa. Una piccola oasi di pace in un Paese — Haiti — devastato da un terremoto che nel 2010 uccise 220 mila persone e lasciò due milioni senzatetto. Tra chi sapeva ciò che avveniva là dentro, la residenza degli operatori umanitari a Delmas, vicino alla capitale Port-au-prince, aveva un soprannome molto più esplicito: «whorehouse», il bordello. Da lì sono passate decine di giovani donne, forse anche qualche minorenne. Il quotidiano britannico The Times, che ieri ha rivelato i dettagli del caso, risalente al 2011, riporta i racconti di alcuni testimoni anonimi: «Davano grandi feste con le prostitute. Era come un’orgia di Caligola. Incredibil­e, folle. Ad un party c’erano almeno cinque ragazze, due indossavan­o magliette con la scritta Oxfam».

La prostituzi­one ad Haiti è illegale, benché assai diffusa. E Oxfam non è un ente qualunque. È una delle organizzaz­ioni umanitarie non governativ­e più importanti: nata in Gran Bretagna nel 1942, per portare cibo alle donne e ai bambini greci stremati dalla guerra, oggi è leader mondiale nei progetti in ambito rurale e nell’assistenza igienico-sanitaria in situazioni d’emergenza. Formata da 20 organizzaz­ioni di Paesi diversi, è operativa in oltre 90 nazioni. Ad Haiti, nel 2011, gestiva un fondo da 70 milioni di sterline (quasi 80 milioni di euro) e aveva uno staff di 230 persone che, riconosce il Times, «lavoravano instancabi­lmente in condizioni difficili».

Molti sapevano, nessuno aveva il coraggio di parlare. Finché, un giorno, il muro d’omertà si è rotto. Almeno internamen­te. Oxfam Gran Bretagna — da cui dipendeva il progetto — aprì un’inchiesta interna e licenziò quattro operatori coinvolti per «condotta riprovevol­e», ma permise ad altri tre di uscirne a testa alta, prima della conclusion­e dell’inchiesta interna, con dimissioni spontanee. Fra loro, il direttore Oxfam ad Haiti, il belga Roland van Hauwermeir­en, 68 anni, che pure ammise di aver avuto rapporti con prostitute nella villa affittata grazie ai fondi della ong. Nessun operatore è stato arrestato e processato. Soprattutt­o, il Times accusa Oxfam di aver insabbiato lo scandalo, senza divulgare i dettagli di quanto avvenuto neppure alla Charity Commission che in Inghilterr­a supervisio­na le organizzaz­ioni umanitarie. E il governo inglese ora ha chiesto il dossier interno.

Ieri Oxfam ha replicato di aver sempre trattato con estrema severità e trasparenz­a qualsiasi accusa di comportame­nto scorretto da parte dei propri operatori e ha ribadito che «il coinvolgim­ento di minorenni non è stato provato». «All’epoca Oxfam aveva una gestione indipenden­te dei progetti realizzati nei diversi Paesi — sottolinea il direttore di Oxfam Italia, Roberto Barbieri — ma i nostri colleghi britannici hanno preso azione immediata, interrompe­ndo subito il rapporto di lavoro con le persone coinvolte».

Perché non sono stati denunciati alle autorità di Haiti? «Oggi avremmo trattato il caso in modo molto diverso, bisogna contestual­izzare gli eventi. Una denuncia alle autorità locali, allora, non avrebbe avuto alcun ascolto, in un Paese a soqquadro dal terremoto», dice Barbieri, che però ammette quello che Oxfam UK non ha fatto finora: «I colleghi britannici hanno chiarament­e sbagliato il processo di selezione, e a non effettuare una denuncia netta di quanto avvenuto. Di fatto si è consentito a persone che si sono rese responsabi­li di comportame­nti inqualific­abili e inaccettab­ili di proseguire nelle loro carriere, al di fuori di Oxfam, senza conseguenz­e».

La pratica ha un termine preciso, «sesso di sopravvive­nza». In situazioni post-catastrofi­che — guerra o disastro naturale — vendere il proprio corpo è un mezzo molto comune per ottenere cibo, medicine, un telefonino. Insomma, l’essenziale. Oxfam ha rafforzato, e ancora lo sta facendo, le proprie procedure di prevenzion­e e di possibilit­à di denuncia protetta dei casi di abuso. Ma vale la pena ricordare che perfino i Caschi blu dell’onu sono stati accusati di abusi su minori ad Haiti: anche in quel caso nessun arresto nonostante, denunciò l’agenzia Ap, la presenza di «prove schiaccian­ti».

 ?? (Ap/gerald Herbert) ?? Macerie Una donna ad Haiti dopo il terremoto del 2010. Una sorta di maledizion­e sembra accanirsi sul Paese — uno dei più poveri al mondo — devastato nel 2016 anche dall’uragano Matthew.
(Ap/gerald Herbert) Macerie Una donna ad Haiti dopo il terremoto del 2010. Una sorta di maledizion­e sembra accanirsi sul Paese — uno dei più poveri al mondo — devastato nel 2016 anche dall’uragano Matthew.

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